Legambiente: «Il decreto liquidità rischia di favorire le ecomafie»
Legambiente si associa all’allarme lanciato dalla magistratura: «Si cambino le norme del decreto liquidità». E’ indispensabile evitare, soprattutto in Calabria, che l’emergenza sanitaria ed economica creata dal Covid19 si trasformi in un’occasione di profitto per le organizzazioni criminali danneggiando ulteriormente le tante imprese
Il “Decreto Liquidità”, approvato lo scorso 8 aprile dal Consiglio dei Ministri, contiene, accanto alla necessaria urgenza con cui garantire sostegno finanziario alle imprese messe in ginocchio dall’emergenza Coronavirus, vuoti, deroghe e “silenzi” inaccettabili, come li hanno definiti i procuratori Francesco Greco e Giovanni Melillo. L’articolo 13 comma 5, addirittura, inserisce la possibilità che il credito sia concesso anche alle imprese per le quali non è possibile l’immediato rilascio della certificazione antimafia, riservandosi successivamente, se dovessero sussistere cause interdittive, di revocarlo, mantenendo comunque la garanzia dello Stato.La denuncia “forte e chiara” sui rischi che sta correndo il Paese, arrivata da parte della Magistratura è condivisa dal presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani che ha chiesto, inoltre, al Governo che tra i delitti per i quali non è possibile beneficiare di alcun sostegno pubblico ci siano i delitti ambientali introdotti nel codice penale dopo oltre venti anni di lotte dell’associazione ambientalista.
La situazione rischia di essere particolarmente grave in Calabria, per come si evince anche dalle dichiarazioni del procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri nel lanciare l’allarme sulle possibili ingerenze della mafia nella gestione degli aiuti economici ad imprese e famiglie contenuti nel decreto liquidità.
Si tratta di forti preoccupazioni condivise e rilanciate anche da Legambiente Calabria poiché’, per come sottolineato dalla vice-presidente Anna Parretta, sussiste il rischio potenziale ma enorme che, a causa delle lacune del sistema, possano avvalersi delle garanzie dello Stato e dei finanziamenti previsti dal decreto n. 23/2020 anche imprese affiliate o vicine alla ‘ndrangheta.
Per evitare o almeno limitare questo rischio sarebbero necessarie le opportune modifiche al decreto ad esempio, prevedendo la tracciabilità dell’utilizzo dei finanziamenti e subordinando l’accesso al credito agevolato all’obbligo preventivo, da parte dell’imprenditore di attestare, a pena di falso, di non essere sottoposto a procedimenti per gravi delitti tra i quali quelli di corruzione, frode fiscale, criminalità organizzata e tutti i cosiddetti eco-reati tra i quali inquinamento o disastro ambientale, traffico illecito di rifiuti e omessa bonifica.
Legambiente ha lanciato, al riguardo, attraverso il responsabile dell’Osservatorio nazionale Ambiente e Legalità Enrico Fontana, un appello, condiviso da Legambiente Calabria, affinche’ non ricevano finanziamenti garantiti dallo Stato imprenditori sottoposti a procedimenti giudiziari in materia di ecoreati.
Sarebbe, infatti, insostenibile, soprattutto in un momento storico come questo nel quale il coronavirus ha reso evidente a tutti l’importanza della tutela ambientale per la nostra stessa sopravvivenza, che lo Stato possa sostenere economicamente imprenditori che hanno accumulato, nel tempo, ingentissimi profitti illeciti distruggendo l’ambiente e compromettendo la salute dei cittadini.
«Occorre assolutamente impedire, per come sottolineato dall’associazione Legambiente, che la fase emergenziale che stiamo vivendo, come è già accaduto nel nostro Paese per altre emergenze come i rifiuti o i terremoti, diventi una fonte di affari per eco-mafiosi ed eco-criminali».