Probabilmente non è un caso che i due lavoratori dell'indotto Enel abbiano scelto come sede della loro protesta i camini della centrale Enel a turbogas di contrada Cutura-Sant'Irene. Fino ad oggi tutte le proteste "in altura" avevano visto come scenario preferito le storiche ciminiere della centrale a olio pesante, quelle costruite negli anni '70. Oggi non più. Davide Agrippino e Carmine Pontelli da stamani si sono asserragliati sui più moderni e slanciati fumaioli in acciaio che vennero costruiti ad inizio degli anni '90 proprio di fianco alla storica centrale. Forse è un caso o forse no, ma la prossima battaglia sul futuro del sito di produzione elettrica si giocherà proprio su quell'impianto. Il programma Futur-E è fallito ma in pochi sapevano e comunque tutti avevano sottovalutato il fatto che l'area della nuova centrale, quella a turbogas, non è mai stata inserita nel progetto di dismissione dell'area. Enel investirà a breve su quella struttura perché la produzione mondiale di energia a carbone, ormai bandita, richiede nuove fasi produttive. E tra queste ci sono proprio le centrali turbogas. In realtà, si può dire che quello di contrada Cutura-Sant'Irene è un impianto nuovo ancora poco sfruttato rispetto a tutte le sue potenzialità. Non è un mistero che la grande holding mondiale dell'energia elettrica abbia riservato un importante piano di produzione da attuare da qui e entro i prossimi mesi proprio per rimettere a regime ed in uso le quattro moderne ciminiere. Solo che questo progetto, a detta di molti sindacalisti che hanno passato una vita intera in quei luoghi e tra gli anfratti dei "tubi innocenti", potrebbe essere un investimento con zero costo personale. Enel, infatti, grazie alle ultime tecnologie, sarebbe in grado di tele-gestire l'impianto a distanza senza l'impiego lavorativo. Queste ovviamente sono le intenzioni societarie che, ovviamente, punta a trarre maggior profitto con la minima spesa. A maggior ragione se dall'altra parte non troverà nessun utile contropartita rappresentata dalle istituzioni locali e dalle stesse forze sindacali. Oggi, in realtà, ci si interroga giustamente sul futuro dei due lavoratori che rimangono in cima alle torri quando, però, sarebbe opportuno aprire una nuova vertenza per chiedere una messa in funzione della centrale, ovviamente compatibile con l'ambiente, che oltre a produrre energia elettrica produca anche un altro bene, da queste parti diventato prezioso più dell'oro: il lavoro. Al netto di tutte le buone intenzioni e azioni, della vicinanza, della solidarietà dimostrata da ultimo dall'Amministrazione comunale ai due lavoratori, quella che qui ancora manca è la strategia, la visione futura che non c'è. Non si commetta lo stesso errore che si è commesso all'epoca quando venne paventata una riconversione a carbone dell'impianto, che nessuno a ragione voleva, ma contro la quale non è stata possa in essere alcuna diplomazia.
Marco Lefosse