di SAMANTHA TARANTINO Il
mondo arabo ha da sempre ispirato scenari esotici da “Le mille e una notte”, Shahrazād, cammelli e tappeti volanti. L’
Islam della storia ha dato all’Italia più influenze di quanto possiamo immaginare dall’epoca romana in poi. Il primo contatto con
Italia meridionale è tra la fine del IX secolo e la metà dell’XI secolo, in coincidenza con l’ultima espansione degli Arabi nel Mediterraneo. Un Islam che attraverso la Spagna, l’Africa settentrionale, l’Egitto e soprattutto la Siria legherà con un doppio nodo l’arte e la cultura della Calabria, della Sicilia, della Campania e della Puglia. Un periodo molto fecondo fu tutto il XII secolo fino ad oltre il XIII, quando il contatto tra il linguaggio islamico ed il vasto patrimonio artistico tardo romano e classico bizantino fu così forte da condizionare un’intera cultura. Il Mediterraneo, all’epoca, era un crocevia di navi e di lingue. Una mescolanza che fece nascere un nuovo linguaggio multiculturale con cui comunicare. Le interpretazioni furono varie: dalla scultura alla pittura, dall’arte musiva alle stoffe preziose, agli scritti. Tutto è ornamento, in un gioco di volute che colgono l’esigenza espressiva e la necessità del mondo arabo di esprimere il visuale. La decorazione diventa necessaria per congiungersi all’unità, dove Dio è al centro di tutto. Ecco spiegate le figure astratte e stilizzate attraverso cui interpretare la bidimensionalità. L’ornato vegetale, che deriva dall’arte classica ellenistica diventa un arabesco con figurette di animali, soprattutto fantastici e mitologici, formanti un unico gioco. L’importante è dare un senso d’ innaturalità complessa tra volumi indefiniti tra archi e specchiature, il cui clou si vedrà in epoca normanna. Santa Maria del Patire a Rossano, il Duomo di Monreale con il chiostro, il duomo di Salerno, sono alcuni tra gli esempi più rappresentativi, in cui piccole formelle policrome, grossi cordoni e arcate caratterizzano facciate e interni. Anche per i tessuti, le stoffe, i broccati e gli stucchi risalenti al X secolo. L’ ispirazione è mesopotamica o egiziana. Sono le cosiddette rotatae di tradizione sasanide e iranica dell’epoca califfale poi imitate dai bizantini. Così si spiegano i medaglioni in cui campeggiano fiere selvagge e figurette beneaugurali come la sirenetta all’interno di una delle rotae mosaicate del Patire. Del resto è risaputa l’arte della tessitura araba. I tappeti più preziosi che ancora arredano le nostre case, del resto, vengono dal mondo arabo. Purtroppo però, oggi sentiamo soffiare più forte i venti di guerra e di devastazione piuttosto che quelli di arte e cultura. Eppure occorre ricordare che la Siria attuale, polveriera di armi e terroristi vide Damasco capitale di un grandioso impero, in cui tutto era una sovrapposizione di epoche e culture diverse. Oltre 200 minareti ed una delle più grandi moschee al mondo, che sorge sui resti del monastero di San Giovanni Battista. Mark Twain diceva a proposito di Damasco: "Vai indietro nel passato e Damasco c'è sempre stata. Essa non misura il tempo con i giorni, i mesi, gli anni, ma con gli imperi che ha visto nascere, prosperare e andare in rovina”. Una città, una nazione, una cultura riuscita a rinascere da incendi e devastazioni. Chissà se accadrà anche stavolta.