Corigliano-Rossano, il Polo Liceale insegna la pace: «Il conflitto si studia, non si semplifica»
Lo scorso 12 novembre nella "Cittadella dei bambini e dei ragazzi", il Polo Liceale e l’UCIIM hanno promosso un incontro per "imparare" la pace attraverso il caso Israele-Palestina, offrendo ai giovani strumenti critici e spazi di ascolto
CORIGLIANO-ROSSANO - C’è un luogo, a Corigliano-Rossano, in cui bambini, ragazzi, studenti, insegnanti e cittadini possono finalmente incontrarsi per imparare a guardare il mondo con occhi nuovi. È la Cittadella dei bambini e dei ragazzi, che ha ospitato, lo scorso 12 novembre, una significativa iniziativa formativa promossa dal Polo Liceale e dalla sezione UCIIM di Mirto-Rossano, in collaborazione con il professor Giuseppe Ferraro, Direttore ISRI e Dirigente ICSAIC.
L’incontro dal titolo “Giovani costruttori di pace – La pace si impara: il conflitto Israele-Palestina come studio di caso” è stato dedicato a uno dei conflitti più dolorosi e polarizzanti del nostro tempo, quello israelo-palestinese. Un conflitto che affonda le radici nella storia complessa di quei territori e dei due popoli che oggi vi abitano, e nel quale risulta sempre più difficile orientarsi. Spesso trattato sui social con estrema superficialità e con toni infiammati, il tema trova invece nella scuola un luogo capace di offrire strumenti critici, spazi di riflessione e autentico ascolto. Per questo motivo, la scelta del Polo Liceale di affrontarlo come studio di caso è da salutare con favore perché più che mai necessario. La pace, infatti, non è una disposizione innata dell'animo umano, la pace si impara e pertanto richiede tempo, esercizio, confronto e, soprattutto, coraggio.
Ad aprire i lavori è stata la Presidente del Consiglio Comunale e neo consigliera regionale, Rosellina Madeo, la quale ha ricordato che la pace non è un principio astratto e inattuabile ma un diritto che abbiamo il dovere di esercitare ogni giorno. Non si costruisce diffidando dell’altro, guardandolo come un potenziale nemico, ma riconoscendo, nell’altro, una risorsa e un’opportunità di crescita. È una responsabilità civile ed educativa, una pratica quotidiana che comincia nei nostri gesti, nelle nostre scelte, nel linguaggio che usiamo, nel modo in cui ci apriamo agli altri e al mondo.
In questa prospettiva, iniziative culturali come quella promossa dalla scuola non sono semplici eventi, ma spazi indispensabili di confronto, che, in città come la nostra, difficilmente esisterebbero senza l’impegno diretto degli istituti scolastici e delle comunità educanti. Le scuole diventano così presidi culturali, custodi di un dialogo che altrimenti mancherebbe.
Complicare, non semplificare: il difficile compito di educare alla complessità
La parola è quindi passata al professor Giuseppe Ferraro, che ha guidato una riflessione puntuale e rigorosa sulle premesse storiche e sulle dinamiche di un conflitto che perdura ormai da secoli. Ha ricordato come le nazioni siano, in fondo, un’invenzione e come, proprio per questo, sia sempre possibile ridisegnarne i confini geografici: ogni popolo può infatti riconoscersi in valori comuni e positivi sempre nuovi, universali e figli del tempo in cui vengono elaborati. Un momento particolarmente significativo è stato infine dedicato all’urgenza di dar vita a un Laboratorio del tempo presente, uno spazio in cui affrontare in modo consapevole le questioni che attraversano la contemporaneità.
«Il caso israelo-palestinese – ha rimarcato la docente Stella Pizzuti - è una ferita profonda, stratificata, fatta di storia, terra, identità, fede e, soprattutto, di un'immensa sofferenza umana. Sofferenza che tocca ogni parte».
Parlare di questo ai giovani non significa chiedere loro neutralità o equidistanza. La neutralità, in certi casi, può diventare una forma di ignavia, un modo per evitare di riconoscere l’ingiustizia o la violenza. Ci sono idee - come il rifiuto della disumanizzazione, la difesa dei diritti, la dignità delle persone - che hanno bisogno di radicalità, di una presa di posizione chiara. Al tempo stesso, comprendere le ragioni dell’altra parte resta fondamentale, perché la costruzione della pace diventi un esercizio duraturo e non proceda mai attraverso l’annullamento dei bisogni altrui.
L’incontro ha dato poi ampiamente spazio alle voci protagoniste di Yousef Salman, Presidente della Comunità Palestinese di Roma e del Lazio, delegato nazionale della Mezzaluna Rossa Palestinese, e Francesca Anna Perri, già dirigente medico emergentista, Rete Nazionale Sanitari Gaza, che hanno r la loro esperienza diretta in territori attraversati dalla guerra. Dalle loro parole sono emerse immagini vive e dolorose: fame, privazioni, segregazione, traumi che si sommano alla distruzione di un intero territorio (case, ospedali, scuole) e che da generazioni accompagnano un popolo che continua a pagare il prezzo di una storia lunga e segnata da profonde ingiustizie.
Testimonianze che non chiedono pietà, ma ascolto. Che non semplificano, ma mostrano la concretezza umana dei conflitti, quella che troppo spesso si perde dietro a titoli fuorvianti e narrazioni distorte.
In un mondo in cui tutto è relegato al racconto social, che chiede reazioni lampo, prese di posizione immediate e schieramenti netti acritici, la scuola può e deve svolgere un ruolo diverso: quello di aiutare i ragazzi a pensare, a sostare nella complessità, a cercare le storie dietro le immagini.
«La pace – come ha ricordato uno dei rappresentanti degli studenti, Antonio Pisano - non è l’assenza di conflitto, ma la presenza di giustizia, diritti e riconoscimento reciproco».
Questa iniziativa, insomma, dimostra che la scuola, quando esce dal perimetro confortevole degli istituti e incontra la città, può diventare un luogo di elaborazione culturale e civile, capace di incidere davvero sulla comunità. Offrire ai giovani strumenti per capire, per interrogarsi, per scegliere posizioni consapevoli e non reattive, contribuisce a formare cittadini capaci di costruire ponti, non muri. La pace, in fondo, è un’arte da apprendere, da vivere, da incarnare ogni giorno. Lo scontro resta l’affare dei superbi.