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Extra omnes: sede vacante in Calabria

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Morto il Papa, tutto si ferma”. Non è una mancanza di rispetto: è un metodo. Finché non c’è il nuovo pontefice, la Curia sospende i favori, spegne le diplomazie di corridoio e si chiude a chiave. Sede vacante. Fumate nere finché serve, poi una sola fumata bianca.

In Calabria potremmo imparare: se la politica è in vacatio fino al 5-6 ottobre, la burocrazia entri in conclave. Non per poltrire, ma per proteggersi e proteggere la solennità della Democrazia. Extra omnes: fuori tutti - pressioni, telefonate, bigliettini con “urgentissimo” scritto a pennarello.

L’idea è semplice come una campana: si chiude tutto ciò che è discrezionale, si tiene in piedi solo ciò che è necessario a garantire i servizi ai cittadini. Punto. Il resto in clausura, non in letargo: in silenzio operativo.

Perché proprio ora? Perché adesso è la stagione delle tentazioni. È ora che il “diavolo della politica” scende in campo con le tentazioni dei piaceri.

È il tempo in cui la domanda di lavoro cresce di colpo e, guarda caso, spuntano incarichi lampo, proroghe agili come ginnaste, micro-consulenze con la scadenza fissata giusto un minuto prima delle elezioni. È il tempo in cui si può trovare l’accomodamento su tutto quanto solitamente resta nel sommerso. “Non si può aspettare”, si dice. E chi deve “non aspettare”? Sempre lui: il funzionario di turno, messo di traverso tra norma e favore, regolamento e il famigerato “vedi se riusciamo”.

Facciamola finita con la liturgia dei “si può fare in via d’urgenza”: al conclave non entrano i portatori d’acqua, entrano i cardinali. E nella nostra versione laicamente calabra, i cardinali sono le regole. Dunque, ecco il rito della clausura amministrativa.

Regola I – Extra omnes.
Niente appuntamenti “di cortesia”, niente incontri fuori protocollo, niente “passo solo un attimo”.

Regola II – Nullus actus discretionis.
Stop a nuove assunzioni, proroghe furbe, incarichi, affidamenti non indispensabili. Si firmano solo i procedimenti con base normativa chiara e scadenza vincolata. Il resto, dopo la fumata bianca.

Regola III – Sigillum urgentiae.
Se c’è un’urgenza vera (fondi UE a rischio, sicurezza, sanità), si deroga motivatamente e si pubblica subito la deroga, nome e cognome del responsabile, riferimenti di legge. Come un colpo di campana: tutti devono sentirlo.

Regola IV – Scrutinium publicum.
Registro giornaliero degli atti: cosa, perché, chi. Una pagina unica, aggiornata. Non un faldone medievale: una pagina web leggibile. La trasparenza è la nostra Cappella Sistina.

Regola V – Rotatio.
Negli uffici sensibili, mini-rotazione dei dirigenti per evitare che una stanza diventi anticamera elettorale. Le abitudini sono più pericolose delle pressioni.

Regola VI – Silentium.
Linea diretta anticorruzione attiva e audit settimanale su tutto ciò che deroga. Se qualcuno bussa con i guanti bianchi, si risponde con il verbale.

Qualcuno dirà: “Bloccherete i progetti”. No. Congeliamo i favori, non i diritti. I pagamenti già dovuti viaggiano, le gare con scadenza vera pure. Quello che si ferma è il bricolage politico: le chiavi a brugola dell’ultimo minuto che trasformano gli uffici in officine di consenso.

E i Dipedenti (dal messo al dirigente)? Li liberiamo. Per una volta non devono scegliere tra regola e favore, tra dormire sereni o “essere collaborativi”. La clausura è una coperta stesa sui corridoi per attutire i passi pesanti della campagna elettorale. È tutela, non sospensione; è ordine, non sciopero bianco.

Eh ma l’immagine della Regione…” L’immagine vera la fanno i cittadini quando vedono se la casa è in ordine. Una moratoria trasparente è un atto di maturità: ammettere che il periodo pre-elettorale è il momento più delicato e che lo si affronta con anticorpi, non con ammiccamenti.

Poi arriverà il 7 ottobre. Fumata bianca sicura. A quel punto si riapre la Cittadella come si schiude una basilica dopo il conclave: pulpito, registro e calendario. Ci sarà tempo per indirizzare, correggere, rilanciare. Ma con un vantaggio competitivo: nessun debito di riconoscenza contratto nel buio della vigilia, nessuna cambiale elettorale da pagare se non quella nei confronti di tutti i calabresi. Tutti, escluso nessuno!

Provocazione? Sì, e benedetta. Perché ogni tanto serve un gesto simbolico che diventi pratica. Extra omnes non è solo un grido latino: è il minimo sindacale dell’etica pubblica. Se in Vaticano funziona per scegliere chi deve guidare un miliardo di fedeli, in Calabria può funzionare per evitare che, nell’attesa, qualcuno “faccia il miracolo” nel momento giusto.

Chiudere per davvero, tenendo accese solo le luci necessarie, non è un capriccio: è igiene democratica. E quando, finalmente, vedremo la fumata bianca, sapremo che almeno una cosa non è bruciata: la credibilità.

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.