Dopo Ferragosto conta chi resta
Dopo il pienone d’agosto resta la sfida: tenere il mare tutto l’anno. Identità, qualità e una regia (DMO) per cucire mare, archeologia e borghi: così la Sibaritide diventa promessa che si mantiene, diventa destinazione esperienziale

C’è un momento, ogni anno, in cui l’estate si toglie la maschera e mostra il suo volto più sincero. È il giorno dopo Ferragosto: gli ombrelloni iniziano diradarsi, le prenotazioni calano, l’adrenalina collettiva si spegne. È qui che si misura la maturità turistica di un territorio. Corigliano-Rossano e la Sibaritide hanno tutto per giocare nella serie A del Mediterraneo, ma finché resteremo prigionieri del “pienone d’agosto”, il terreno conquistato in alta stagione svanirà all’ultima mareggiata.
Il punto non è contare le presenze quando è facile averle. Il punto è trasformare l’onda in corrente, il “qui e ora” in “tutto l’anno”. Per riuscirci dobbiamo fare una cosa semplice da dire e difficile da realizzare: dare un nome, una promessa e delle regole alla nostra identità. In poche parole: creare una Destinazione esperienziale vera, un Brand Sibaritide.
Non parlo di un logo o di un claim brillante. Parlo di una visione condivisa che tenga insieme mare Jonio e Sila Greca, archeologia di Sybaris e modernità dei servizi, lingua e ritualità arbëreshe e creatività contemporanea, agricoltura d’eccellenza e ristorazione diffusa, dolcezze storiche e nuovi prodotti di nicchia. Un brand è credibile se mantiene la sua promessa in ogni dettaglio, dalla pulizia dei litorali a novembre all’apertura dei musei a orari umani d’inverno, dal racconto coerente online alla capacità di facilitare gli arrivi senza perdersi nei rimpalli burocratici.
La domanda, allora, è: cosa promette la Sibaritide quando le valigie tornano in soffitta? Promette luce e clima mite, certo. Ma soprattutto promette tempo buono: quello della lentezza intelligente, delle colture e delle culture, delle esperienze che qui hanno più senso che altrove. Una vendemmia vera, non una foto in vigna. Una passeggiata tra gli agrumeti in fiore a primavera, non una brochure. Una domenica d’inverno nei borghi arbëreshe tra canti, forni e cucine, con chi quelle tradizioni le vive davvero. Un museo che non chiude alle 13, un’area archeologica che propone visite teatrali anche fuori stagione, un porto e una marina che diventano piazza di relazioni, non parcheggio di scafi.
Perché questo accada serve una regia. Chiamiamola Destination Management Organization (DMO), consorzio, cabina di regia pubblico-privata: conta che sia un soggetto snello e autorevole, capace di fissare standard e calendarizzare l’anno. Non basta un calendario “a spilli”, bisogna costruire trame. Settembre e ottobre dedicati alla raccolta e alle degustazioni guidate, con i ristoranti che sposano gli ingredienti del territorio e i produttori che aprono le porte. L’inverno come stagione dei cammini tra collina e borghi, del termalismo dolce e delle residenze d’artista. La primavera dei fiori d’agrumi e della bici, con itinerari segnati, servizi di noleggio e guide. L’estate, infine, non come carnevale balneare, ma come vetrina coerente di ciò che siamo: mare pulito, archeologia viva, sapori identitari, eventi che non copiano format metropolitani ma parlano la nostra lingua.
Un brand vive se fissa regole di qualità. Non è populismo chiedere che chi ospita garantisca alcune cose minime: check-in flessibili, informazioni chiare in tre lingue, Wi-Fi serio, raccolta differenziata reale, mappe e contatti utili a portata di mano, convenzioni con musei e parchi. E non è arroganza pretendere che i servizi pubblici facciano la loro parte: mobilità locale che colleghi spiagge, stazioni, museo e centro storico anche fuori stagione; segnaletica leggibile e unificata; sportelli che rispondono davvero a cittadini e operatori. Senza una “Destinazione Sibaritide”, il brand resta slogan.
C’è poi la narrazione. La Sibaritide non deve inventarsi nulla: deve imparare a raccontarsi bene. È qui la frontiera tra folklore e identità. Folklore è il costume tirato fuori una volta all’anno per la foto; identità è lasciare che quella lingua, quel canto, quel rito informino l’accoglienza, la cucina, i laboratori con le scuole, la programmazione culturale dei teatri e delle biblioteche. Identità è spiegare a un visitatore perché una pitta, una liquirizia, un fico o un clementine non sono “cose da assaggiare”, ma storie da capire. Il brand nasce quando il turista smette di essere “uno che passa” e diventa “uno che torna” perché ha trovato un senso.
Gli operatori privati hanno già dimostrato che è possibile alzare l’asticella. Ora tocca fare rete, senza gelosie. Chi ha un b&b deve sapere che l’evento nel borgo a 15 chilometri gli conviene, e chi organizza quell’evento deve raccontarlo anche per gli ospiti del mare. Le amministrazioni comunali non possono limitarsi a patrocinare: devono coordinare, investire in manutenzione e facilitare le procedure. Le scuole e l’università possono essere il vero motore: visite didattiche, percorsi PCTO, ricerca applicata sulla filiera turistica e agroalimentare.
Infine, la promozione. Non servono campagne faraoniche; servono contenuti continui, mirati e credibili. Pochi canali, ma presidiati bene. Foto e video prodotti con qualità, non a caso. Un sito unico, multilingue, aggiornato, dove si comprano esperienze e non solo si leggono notizie. Un biglietto integrato per mare, musei e parchi. Un patto con chi crea valore online – guide, fotografi, autori – per raccontare il territorio senza cartoline stanche.
Il giorno dopo Ferragosto, Corigliano-Rossano e la Sibaritide hanno davanti due strade. La prima è attendere di nuovo l’onda, sperando che torni uguale. La seconda è imparare a tenere il mare: costruire un brand riconoscibile, fissare standard, programmare l’anno, curare la qualità, raccontare con verità. La seconda è più faticosa, ma è l’unica che trasforma l’estate in economia, l’identità in futuro e l’orgoglio in lavoro stabile. È il momento di scegliere.