«Sono abituato a questo, non vedo altro»
La paurosa parabola discendente del territorio del nord-est che viene fuori in modo semplice, crudo ed estremamente reale dalle parole dei nostri giovani. Siamo destinati a rimanere soli... a "pane e acqua"
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«Sono abituata a questo, non vedo altro…» Se c’è una cosa, tra le tante che credo bisogna cogliere dalle parole dei giovani raccolte nella rubrica di Voci & Verità di questa settimana, è proprio questa frase, carica - forse troppo - di una rassegnazione che per forza di cose è destinata a trasformarsi in indignazione. I nostri giovani sopravvivono nella realtà quotidiana del nostro piccolo-grande glocal. Non bisogna essere filosofi o antropologi per interpretare delle parole che nella loro semplicità restituiscono una cartina di piombo sull’universo giovanile di Corigliano-Rossano e, di conseguenza, dell’intero territorio del nord-est.
Noi su queste pagine dell’Eco dello Jonio dove ci siamo messi in testa di voler creare consapevolezza, contro tutto e tutti, lo scriviamo da tempo: questo luogo vive come se stesse fermo nella caverna di Platone. Si vedono ombre proiettate e pensiamo che il mondo sia solo quello che si vede alla luce di un lume. Quel Sono abituata a questo, non vedo altro non è solo rassegnazione ma deve essere per tutti un monito affinché le cose cambino; e cambino ora. Perché non c’è più tempo.
Quello che offre questa città oggi, e le “estinte” città di un decennio fa, è il nulla nelle prospettive e zero nella capacità di raffronto con altre realtà sociali calabresi, italiane ed europee. È inutile edulcorare la pillola. È totalmente inutile ribadire il concetto che “non siamo morti di fame”. Non lo siamo, forse, perché nel frattempo ci siamo abituati a mangiare pane e acqua. Ma se alle nuove generazioni sul tavolo gli proponiamo solo “pane e acqua” è ovvio che domani, quando vedranno altro, da qui fuggiranno per non tornare mai più. Sta succedendo e lo raccontiamo da mesi.
Questo viaggio tra i giovani, che abbiamo fatto insieme alla Redazione, non fa altro che confermare tutto quanto ci siamo detti fino ad ora. Che una città come Corigliano-Rossano non abbia un assessorato alle politiche giovanili – o se c’è è praticamente invisibile - è un fatto grave. Non tanto per il gergo ed il lessico istituzionale mancante ma proprio perché connota un totale disinteresse a percepire che esiste in questa multiforme realtà urbana una questione giovanile.
Non ci sono spazi di aggregazione e le piazze vengono vissute solo ai margini perché al centro non c’è proprio motivo di starci. Non c’è la cultura (e nemmeno si fa nulla per insinuarla) di fare comunità, di socializzare, di “costringere” in qualche modo i giovani a vivere fisicamente le piazze. Continuiamo a non essere capaci di importare buoni modelli. Semplicemente perché non li conosciamo.
Sono abituata a questo. E questo non è altro che il nulla. Ci sono decine di luoghi fisici in questa immensa città che potrebbero essere assegnati, vitalizzati dalla forza dei giovani. Sapete quanti ragazzi in questa città si dedicano alla musica? Migliaia. È una popolazione “invisibile” che non ha spazi pubblici, sociali per alimentare il proprio talento se non quelli delle scuole, delle accademie, dei centri musicali… privati. Perché, allora – un esempio su tutti che potrebbe anche essere limitativo dell’ottica d’insieme ma che da’ tutta la misura dell’arretratezza culturale delle nostre istituzioni – non creare uno spazio dove produrre musica? Perché non realizzare sale di incisione gestite dal privato ma per conto del comune, perché non destinare e finalizzare luoghi ai giovani creando nuove opportunità, aprendo nuovi spazi e generando nuovo lavoro?
Purtroppo ci stiamo appiattendo pericolosamente su quel Non vedo altro che sarà la tomba sociale di questa città.