I regolamenti europei (e i nostri politici) uccidono tradizione e identità
Uno dei settori maggiormente tartassati dalla “globalizzazione europea” è quello della pesca. Le pietanze tipiche rischiano di sparire a causa di norme troppo superficiali. Europa tafazzista. La Cina ringrazia... come sempre!
Reg.UE 1967/2006 è solo un codice… pericolosissimo che sta mettendo a rischio tradizione e identità italiane e, soprattutto, del meridione. Sotto questo “codice” si nasconde, infatti, una delle tagliole più mal concepite dagli apparati istituzionali europei a danno di un settore fondamentale dell’economia italiana: la pesca.
Bene, questo regolamento, tra le tante prescrizioni con valore sull’intero suolo continentale, impedisce la pesca del novellame di sarda. Non solo, fa anche un’eccezione. In quanto viene consentita la pesca del cosiddetto bianchetto o sardella solo se catturato con sciabiche da natante o sciabiche da spiaggia che abbiano, però, un’autorizzazione (art. 15 comma 3 del suddetto regolamento). Ed è qui che s’innesca la beffa. Perché proprio lo strumento della sciabica è uscito fuori dagli strumenti convenzionali di pesca e limitato, ormai, all’attività amatoriale o artigianale. Quella che – di fatto – nella stragrande maggioranza dei casi non ha i requisiti per ottenere le autorizzazioni.
Insomma, il novellame non si può più pescare. E chi lo fa è considerato un criminale. Proprio negli ultimi giorni sono scoccati sequestri e sanzioni da rabbrividire nei confronti di quei pescatori che erano “andati a sardella”.
Eppure, stiamo parlando di un pesce che rappresenta l’essenza della cucina povera calabrese. Quella fatta di sapori antichi e di tradizione. Quella stessa tradizione alimentare contro cui l’Europa ha dichiarato guerra senza frontiere.
Ora, comprensibile, la premura di tutelare l'ecosistema; del resto il bianchetto o la sardella altro non è che il pesce neonato destinato a diventare grande e contribuire al ciclo della vita dei mari. Pescarne in quantità industriali, senza il minimo controllo, ovviamente, può essere una pratica altamente dannosa. Da qui, però, ad eliminare completamente la sua cattura sembra un atto senza senso. Anche perché, mentre l’Europa, con un atteggiamento prettamente tafazzista, continua ad imporsi regolamenti illiberali e senza discernimento alcuno, compromettendo produttività, competitività e know-how economico dei suoi Paesi, nelle altre aree del globo non si va molto per il sottile. Ed è così che sui nostri mercati ittici, ad esempio, dal 2010 (da quando sono venute meno tutte le deroghe al regolamento del 2006) è iniziato ad arrivare il pesce ghiaccio: un esemplare molto simile al novellame di sarda del Mediterraneo che, però, viene pescato in Cina. Ecco dunque che gli sforzi europei per la sostenibilità non solo risultano inutili, anacronistici e fuori tempo ma anche dannosi per l’economia interna e per la tutela della tradizione.
Anche in questo, però, ci sono le gravi colpe della politica. Della nostra politica, quella nostrana. Infatti, la pesca della neonata di sarda, pur essendo completamente bandita in Europa, consente alcune eccezioni anche in Italia. È il caso della Liguria, dove il bianchetto si può pescare (in quantità minime e limitate) e questo grazie alla lungimiranza delle istituzioni regionali che a tempo debito, quando si potevano e dovevano fare osservazioni per ottenere una deroga permanente sulla tipicità della pesca, si sono attrezzate persuadendo l’Europa sulla sussistenza economica e identitaria di quel pescato. In Calabria, invece, i nostri politici hanno dormito sonni tranquilli. E anche oggi, seppur qualcosa sembra muoversi, siamo ancora stallati su una normativa cervellotica.
I nostri marinai per un pugno di sardella ricevono multe da capogiro, mentre il pesce ghiaccio (cinese) la fa da padrone sui mercati. A che serve e a chi serva questa pantomima?