Tra realisti e moralisti... nulla di nuovo nella landa desolata della Sibaritide
La presentazione del progetto industriale di BH è una scena non scritta del vecchio west. L'unica via d'uscita è la concertazione... per il bene di tutti
Nella landa desolata della Sibaritide nulla da segnalare. I peones seguono i ritmi lenti dell’attesa, continuando a lavorare a capo chino mentre il sole scotta. Il gringo aspetta sornione, carico di soldi (nessuno sa quanti), sulle alture del canyon mentre un manipolo di desperados rimane guardingo, con il colpo in canna alla Colt, sempre pronto al blitz. Intanto nel saloon il bartender mesce whiskey caustico e un paffuto sceriffo osserva sull’uscio dell’entrata lo scorrere di un tempo che non passa mai.
Baker Hughes, come da programma, stamani ha presentato il progetto industriale che ha in testa per il grande Porto di Corigliano-Rossano, in una sala gremita, a tratti attenta, molto coreografica. Niente di nuovo rispetto a quanto un mese fa avevamo ascoltato a Catanzaro. Ma soprattutto nulla di nuovo sul fronte delle posizioni, che rimangono cristallizzate, tra favorevoli, possibilisti e assolutamente contrari.
Molta teoria, poca sostanza. Tante lezioni, soprattutto di etica e morale civica e ambientale e nessuna soluzione. L’unica soluzione è quella di un progetto che mira, in qualche modo, a contribuire a dare un senso ad una grande infrastruttura che da quando è stata realizzata - cinquant’anni fa – non ha fatto altro che essere ricovero per la marineria peschereccia di Schiavonea. Null’altro.
Il più grande porto dello Jonio, per dimensioni, e il più sottosviluppato del Mediterraneo.
Ora, questi “pazzi” di Baker Hughes vogliono venire qui a fare profitto. Perché – parafrasando il sindaco Stasi - «sicuramente non vengono qui a fare beneficenza». Producono, fanno business. In cambio di cosa? Lo sapremo al termine di una concertazione sulla quale la politica vuole (ma soprattutto deve) puntare tanto. A partire dai posti di lavoro.
Ecco, se oggi i manager di Nuovo Pignone BH sono stati bravissimi a dare un quadro chiaro sull’entità e l’impatto territoriale dell’investimento, lo sono stati meno rispetto all’impatto sociale che questa industria avrà sul fronte occupazionale. Avere un piano industriale senza dare un numero preciso sull’impatto lavorativo, lascia crepe in quel muro di insinuazioni e pregiudizi che c’erano, ci sono e continueranno ad esserci… nonostante tutto.
Nonostante, ad esempio, quanti pur di essere bastian contrari sono arrivati addirittura a sventolare la bandiera dell’etica. Come l’ex parlamentare Francesco Forciniti che – una volta ricevuta conferma che nel porto non si farà altro che realizzare moduli per l’estrazione del gas nei diversi giacimenti del mondo – ha ripescato il leitmotiv dell’industrializzazione di stampo neocolonialista. Benissimo, giusto, condivisibile. Viene da chiedersi, però, perché questo stesso ragionamento (sullo “stampo neocolonialista”) non sia stato fatto dall’allora deputato pentastellato quando all’epoca del governo Conte 1 venne sdoganata l’energia green a batteria. La stessa che da un lato sta rendendo più pulito l’occidente e dall’altro sta distruggendo tante altre parti del mondo dove vengono estratte le materie prime per realizzare proprio quelle batterie. Dettagli.
Gli unici che avrebbero avuto più diritto tra tutti a parlare oggi erano i pescatori che – dicevamo – in quella grande darsena ci vivono da 50 anni e che continuano a pagare, a loro spese, le fustigazioni dell’Europa. Ecco, i pescatori oggi c’erano ma solo con una piccola delegazione. Che, in realtà, non ha espresso, poi, tutto quel dissenso che in tanti rumoreggiano da mesi. Mastro Tonino Gattuso docet.
Insomma, nulla di nuovo sotto al sole nella landa della Sibaritide che – si spera – in futuro non resti poi così desolata!