Quando arriva il canadair abbiamo già perso. L'emergenza incendi è un problema che non si vuole risolvere
I comuni dovrebbero essere tutti obbligati (e controllati) ad istituire un catasto degli incendi con il vincolo permanente di utilizzo su tutti i terreni andati a fuoco per mano dell'uomo
L’Italia è ritornato ad essere il primo paese nell’abito dell’Unione Europea per gli incendi estivi. E la Calabria, insieme alla Sicilia, è in testa a questa classifica.
Parlare di emergenza incendi è probabilmente un esercizio inutile, quasi ridondante, avvilente e persino risibile.
Ogni anno, ogni estate, le pagine dei giornali si riempiono di notizie che raccontano di ettari di vegetazione distrutti dalle fiamme, quasi sempre a causa della mano criminale dell’uomo. Boschi, aree di colture pregiate, addirittura i seminativi: tutto è buono da mandare in cenere purché crei spazio e produca, di riflesso, anche guadagni.
Nell’ultima settimana nel solo territorio della Sila greca si sono registrati ben 6 incendi, tutti di natura dolosa, per un danno incalcolabile che si misura nella distruzione totale di centinaia di ettari di territorio vergine. E siamo ancora all’inizio della cosiddetta "stagione degli incendi". Già, proprio come se il rogo costante del nostro ecosistema nel periodo estivo debba essere obbligatoriamente una routine. Perché?
Cosa significa questo? Che le misure fino ad oggi adottate per contrastare il fenomeno degli incendi estivi sono state inadeguate oppure inefficienti o semplicemente intempestive. E probabilmente significa anche – pur essendo un pensiero molto cattivo – che a nessuno, in realtà, interessa davvero estirpare questa piaga.
Il giro d’affari che si genera attorno all’incendio di un bosco è immenso. Crediamo nella buona fede di ognuno ma il dubbio si insinua. E genera tarli. Soprattutto quando si potrebbero prendere provvedimenti drastici e non lo si fa.
Ecco perché facciamo nostro l'appello lanciato da tempo dal geologo e divulgatore scientifico Mario Tozzi. «Siamo ritornati ai livelli degli anni novanta – ha raccontato l'esperto all'Ansa - purtroppo i nostri territori sono sottoposti ad interessi speculativi enormi, perché non c'è un catasto delle aree incendiate, che non dovrebbero essere edificabili mai più».
In realtà il catasto degli incendi dovrebbe essere presente in ogni comune ma gli enti locali che applicano la legge sono pochissimi.
«Poi ci sono questioni territoriali locali: spazio per il pascolo o per la coltivazione – ha denunciato ancora Tozzi - atti vandalici contro il parco nazionale. Il problema si risolve prima, quando arriva il canadair abbiamo perso. Bisogna lavorare durante il periodo di “pace” sappiamo quali sono le giornate di caldo e di vento, dobbiamo stare in campo allora. Infine è importante prendere i criminali del fuoco, se ne prendi uno è un esempio».
Andando in Sila si incontrano ancora le gigantografie piazzate nel Parco agli inizi degli anni ’90 contro l’abbandono delle cicche di sigaretta, quando ancora si pensava che un incendio potesse essere innescato dall’ultimo residuato di una bionda. Sappiamo tutti che non è così.
Il problema vero – anche in questo caso – è nell'assenza di consapevolezza. Perché finché continueremo a pensare che gli enormi incendi che divorano ogni anno i nostri boschi possano essere partiti da una innocua scintilla continueremo a foraggiare il pensiero criminale di chi quei boschi li manda in fumo con taniche di benzina rovesciati sul dorso di animali.