Il rumore del silenzio, parla il papà di Fabiana Luzzi: «Lo Stato non ha fatto niente di concreto per le vittime»
Stamani la cerimonia struggente per le strade di contrada Chiubbica. La comunità non dimentica la 16enne bruciata viva dall'ex fidanzato: il dolore dei genitori e la denuncia di papà Mario contro uno Stato che «premia i carnefici»

CORIGLIANO-ROSSANO - Sono trascorsi dodici anni dall'efferato omicidio di Fabiana Luzzi, la giovane di 16 anni brutalmente accoltellata 24 volte e bruciata viva dal suo ex fidanzato, Davide Morrone, all'epoca non ancora maggiorenne. Nonostante il tempo, il ricordo di Fabiana rimane indelebile nella comunità di Corigliano Rossano.
Questa mattina, come ogni anno, cittadini, rappresentanti delle istituzioni e membri del centro antiviolenza "Fabiana Luzzi e Mondiversi" si sono riuniti nel Parco comunale di Corigliano, a lei dedicato, per deporre una composizione di fiori bianchi. Sulla panchina rossa in sua memoria sono stati apposti numerosi bigliettini a forma di cuore con pensieri dedicati a lei e delle scarpette di danza, a ricordo della sua grande passione.
Presenti, visibilmente commossi, i genitori Mario e Rosa e le sorelle. Successivamente, rose bianche sono state deposte anche nel luogo del ritrovamento del corpo della giovane, in contrada Chiubbica.
La voce straziata del padre Mario: «Lo Stato premia i carnefici»
Mario Luzzi, il padre di Fabiana, ha espresso ancora una volta il suo profondo dolore e la sua indignazione per l'inefficacia delle risposte statali contro la violenza di genere. «Lo Stato – ha dichiarato Mario Luzzi – parla sempre ma di concreto nei confronti delle donne vittime di violenza non c'è nulla. Condanne esemplari non se ne vedono, piuttosto ci sono sconti di pena e permessi premio. Cosa c'è da premiare?».
Vittime perseguitate, carnefici tutelati: la denuncia di un sistema distorto
Mario Luzzi ha proseguito la sua accusa, evidenziando le storture di un sistema che, a suo dire, penalizza le vittime anziché i carnefici. «Mi chiedo perché una donna che è vittima di violenza da parte di un marito o di un compagno debba andare in un rifugio e sradicare i propri figli dalla casa dove sono nati e cresciuti mentre il carnefice può rimanere tranquillamente nella sua casa. Non sarebbe più opportuno mandare via lui? È tutto al contrario. Sono le vittime ad essere perseguitate e non i carnefici. Non è persecuzione cambiare casa, abitudini, a volte identità e magari con il rischio di essere rintracciate ugualmente».
«Noi vittime siamo i condannati a vita»
Concludendo il suo accorato appello, Mario Luzzi ha lanciato una proposta e ha espresso la dimensione incolmabile della sua perdita. «Credo che lo Stato – ha concluso Luzzi – debba convocare i rappresentanti delle innumerevoli famiglie che hanno subito una perdita così grande e sentire cosa provano ogni giorno dopo che è stato loro amputato un organo vitale, sì, un figlio fa parte di te ed è come perdere un organo. I condannati a vita siamo noi vittime, e non i carnefici».