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Ripudiare la guerra , raccontare i diritti umani, vincere le paure…

4 minuti di lettura

Quando quattro anni fa è stato pubblicato il Documento Indicazioni Nazionali e nuovi scenari per le scuole del I Ciclo ho tirato un sospiro di sollievo: finalmente anche dal Ministero arrivavano raccomandazioni sull’urgenza (cosa diversa dalla necessità) di adoperare scelte autentiche direzionate verso una consapevole cittadinanza esercitata, ad ampio spettro. Ricordo di aver sottolineato quelle righe come quando leggi un romanzo e ci trovi pensieri che hai già fatto, e ti dici, compiaciuta, “l’avevo detto anche io!”. Sorridendo, ho ripensato a tutto quanto io ho appreso a scuola e altrove- sulla mia enciclopedia di finta pelle verde e dalla “scatola magica”, dalle storie di Salgari, di Don Camillo, di Heidi e da Tribuna elettorale, Super Quark e persino Discoring, dai viaggi interminabili ma sorprendenti di incontri e di paesaggi, in treno, in cuccetta di 2^classe, per le vacanze dai parenti che vivevano al Nord - concludendo che è stato di buona qualità, decenni prima di quel Documento, dei social, di Italo e di Amazon.

Il temine cittadino a me è sempre piaciuto. Me lo sono ritrovato incollato addosso da mio padre quando ho votato per la prima volta, avvertendone il peso e la conquista, ma mi piaceva già prima. A scuola noi avevamo il libro di Educazione Civica, in verità integro per buona parte dell’anno scolastico, ma pronto ad occupare i vuoti, grazie ad occasionali e volenterosi supplenti che militavano in politica, e ancor più in vista di un’interrogazione obbligata sul sistema elettorale e sui tre poteri fondamentali dello Stato. Quando i libri e la tivù occupano quasi in modo esclusivo il tuo extrascuola di bambina e di ragazza - devo a mio padre l’amore per la lettura e a mia madre la sapiente abitudine di guardare insieme la tivù fatta bene- hai due possibilità, cedere all’assuefazione e finire col non riconoscerne più il valore, oppure prenderne l’utile mentre ti costruisci uomo, fino alla tua professione, capitata o cercata. Insegno e apprendo da trent’anni e ancora prima che quel Documento arrivasse nelle scuole, l’idea di mettere tra i banchi sane provocazioni prendendo dalla buona tradizione attraverso i linguaggi espressivi del passato e del presente - da tempo si chiamano occasioni trasversali - è diventata una dipendenza. Perché non riesco a non raccontare della necessità di ripudiare il conflitto se non chiedendo aiuto al testo de La guerra di Piero di De Andrè, ad Ermal Meta e Fabrizio Moro con la canzone e con il video di Non mi avete fatto niente, nella stessa misura in cui scomodo gli inossidabili Rodari, Lodi e Sepulveda per portare in classe semplici capolavori di poesia e di narrativa.  Perché Gino Strada ha raccontato i diritti calpestati e ne ha proclamato la difesa con l’agito; perché nulla può rincuorare, incoraggiare, scacciare la paura della fatica, e forse tutte le altre paure, come la biografia dei Premi Nobel e degli atleti delle Olimpiadi e delle Paralimpiadi, alla pari delle fiabe dei Fratelli Grimm e di Hans Andersen, dell’immortale Ulisse e dei ragazzi di Don Milani. Perché la favola africana del Colibrì raccontata da Cristicchi parte e conduce al sogno e costruisce ideali con l’impegno; perché Napoli milionaria racconta le miserie e la miseria della guerra, come il pianto di re Priamo per la morte di Ettore. E niente impegna maschi e femmine nel riconoscersi reciprocamente uomini come ha fatto Mia Martini con Gli uomini non cambiano e la penna irripetibile di Alda Merini; e perché la pellicola Stelle sulla terra, prodotta da Bollywood nel 2007, è uno dei tanti spaccati sui disagi e sui talenti nascosti che ogni famiglia, ogni classe, dovrebbe vedere, per riflettere sulla tanta strada che ancora va camminata per chiamarci società che include. Perché nelle aule si deve riprendere, o iniziare, a raccontare i significati dello stemma della Repubblica italiana (se vogliamo che i ragazzi arrivino alle urne avvertendo la piacevolezza del voto), il coraggio della bici di Bartali, l’impresa nello spazio di Samantha Cristoforetti e le imprese sulla terra di Malala Yousafzai, in giorni qualunque, non soltanto nelle canoniche ricorrenze, che pure devono esserci, e non necessariamente in un cofanetto, che si chiami Unità di Apprendimento o in un modo diverso. Per incendiare i pavimenti delle aule di riflessioni, per favorire la “produzione orale e scritta coesa e coerente, l’ampliamento lessicale e il pensiero divergente”, ma sopra ogni cosa per permettere di esercitare il diritto-dovere di cercare i propri punti di forza, talentuosi e non, e di sorridere per i punti di debolezza, se ci sono. Per permettere di orientarsi, di ricevere e restituire storie di fragilità e di conferme, di battaglie civili, di costume; per essere consapevolmente calati in un mondo ad alta velocità, che sorpassa anche la scuola (lo ha sempre fatto, ma ora la velocità è supersonica) che tutta si prodiga per tenere il passo, spesso annaspando e scegliendo la resa, “perché tanto il mondo va da sé”. Un mondo che è usa e getta, che usa e getta, che però non è una entità distinta da chi lo abita.

Non basteranno tutti gli anni scolastici che ordinariamente corrono dalla scuola dell’infanzia alla maturità. Ma ci saremo costruiti e divertiti noi - mentori, tutor, guide, educatori, registi, a noi l’identità che preferiamo - e avremo costruito e divertito i giorni di quanti si fidano di noi. Con qualità e bella ironia. Anche prendendo da una serie televisiva, che racconti di medici in corsia o di goleador, oppure dal Festival di Sanremo – quest’anno, sorprendente Mengoni, portavoce (inconsapevole?) del Manifesto di Parole O_Stili e straordinario Jovanotti che ha recitato Bello mondo di Mariangela Gualtieri, replicando a distanza di secoli la potenza immensa e fresca di gioia del Cantico delle creature.

Perché gli scenari attorno a noi aspettano di essere ricostruiti, ammirati, protetti, rigettati, ripensati, cantati, dipinti, responsabilmente. Il futuro rimarrà fluido e ignoto ma sarà valsa la pena averlo voluto migliore del presente.


Il Corsivo è curato dalla reggenza dell'Eco dello Jonio con la preziosa collaborazione della prof.ssa Alessandra Mazzei che ogni settimana offre agli utenti la lettura in forma esclusiva di contributi autentici, attuali e originali firmati da personalità del mondo della cultura, della politica e della società civile di fama nazionale e internazionale

Tesoretta Salatino
Autore: Tesoretta Salatino

è docente di scuola primaria dal 1991. Per la sede di servizio, l’IC Alessandro Amarelli, è stata referente UNICEF, fino al riconoscimento di Scuola Ambasciatrice e di Scuola Amica; per la stessa scuola, gestisce e coordina i Progetti PON e POR. Ha sperimentato per anni l’uso alternativo delle cedole librarie e la condivisione disciplinare. Crede che le linee distintive di un istituto, l’ispirazione culturale-pedagogica che lo muove, la progettazione curricolare ed extracurricolare e la didattica organizzativa, debbano contare in modo prevalente sull’esperienza diretta per tutte le realtà connotative del territorio e aspetta di ripartire con la sua classe per le bellezze archeologiche e paesaggistiche della Calabria e non solo. È formatrice esperta di progettazione didattica per competenze