«È arrivato il tempo di darsi da fare affinché la situazione sanitaria non diventi drammatica. Dobbiamo pensare anche alle altre patologie»
Il Corisvo del Direttore Sanitario dell'Azienda sanitaria di Cosenza, Martino Rizzo, che traccia un quadro chiaro, esaustivo e cristallino sullo stato di salute della sanità sul territorio ionico: «È sempre tutto molto semplice a farsi che a dirsi»
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, nella riunione del 27 novembre 2020, ha nominato il Prefetto Guido Longo, Commissario ad Acta per l’attuazione del Piano di Rientro della Regione Calabria, affidandogli, tra l’altro, una serie di azioni e “interventi prioritari”, dall’adozione di ogni necessaria iniziativa al fine di ricondurre il livello di erogazione dei livelli essenziali di assistenza agli standard di riferimento, al completamento ed attuazione del piano di riorganizzazione della rete ospedaliera, della rete di emergenza-urgenza e delle reti tempo dipendenti, alla definizione ed attuazione delle reti cliniche specialistiche, al monitoraggio delle procedure per la realizzazione dei Nuovi Ospedali, alla revisione ed attuazione del provvedimento di riassetto della rete di assistenza territoriale, al completamento del riassetto della rete laboratoristica e di assistenza specialistica ambulatoriale, alla gestione ed efficientamento della spesa per il personale in coerenza con l’effettivo fabbisogno, alla razionalizzazione ed efficientamento della spesa per l’acquisto di beni e all’efficientamento e alla gestione della spesa farmaceutica convenzionata ed ospedaliera al fine di garantire il rispetto dei tetti di spesa previsti dalla normativa nazionale e il corretto utilizzo dei farmaci in coerenza con il fabbisogno assistenziale. Questo, e tanto altro ancora, compresa la ricognizione, quantificazione e gestione del contenzioso attivo e passivo in essere, e verifica dei fondi rischi aziendali, cioè la questione del deficit.
La sfida con cui il Prefetto Longo deve misurarsi è quella di ripristinare l’equilibrio finanziario e aumentare l’efficienza dei Servizi Sanitari. Due obiettivi apparentemente inconciliabili, specie se si prende atto di quanto avvenuto fino ad oggi: nella nostra Regione la spesa sanitaria, infatti, è stata sempre superiore ai finanziamenti effettivi. Inoltre, altra particolarità, la durata del regime di riordino (Piano di Rientro) risale addirittura al 2007 (e sottoscritto il 2009). E 12 anni (e più) di Piano di Rientro e Commissariamento non hanno prodotto né un riequilibrio finanziario, né tanto meno un miglioramento della qualità dei servizi, ma anzi hanno avuto effetti devastanti sull’offerta sanitaria. Tentare di raggiungere l’equilibrio finanziario attraverso la riduzione dei Servizi, con i tagli, e attraverso la diminuzione della spesa per il personale sanitario, la riduzione degli investimenti in tecnologie e attrezzature mediche, lo smantellamento della rete ospedaliera chiudendo o depotenziando molti ospedali di piccole dimensioni, con riduzione della disponibilità di posti letto ed il mancato potenziamento delle strutture sanitarie e socio-sanitarie territoriali che avrebbero dovuto supplire alla riduzione del tasso di ospedalizzazione, hanno portato al paradosso di una bassa qualità dell’assistenza sanitaria, senza mai (o quasi) riuscire a garantire i LEA, con l’aggiunta di due effetti: le elevate imposte addizionali, e l’incremento della spesa per la sanità privata, che non integra la sanità pubblica, ma in alcuni settori la sostituisce.
L’impresa affidata al Commissario è quasi impossibile, anche perché l’attività di razionalizzazione ed efficientamento della Sanità Calabrese deve essere svolta in un contesto pandemico, che “distrae” dagli obiettivi affidati, per le necessità di superare le emergenze legate alle ondate Covid e garantire il buon andamento della campagna vaccinale.
Il Commissario continua comunque a lavorare, con gli uomini che ha a disposizione, per il raggiungimento degli obiettivi. In attesa della loro realizzazione, cosa è successo nell’area Ionica?
Essenzialmente nulla (almeno apparentemente, perché molte cose sono state fatte sullo Ionio e sul Tirreno). Avevamo 4 Ospedali (fotocopia, è vero) ed una struttura privata con 100 posti letto, e siamo oggi ad uno “Spoke” (tra virgolette, perché ancora si continua a ragionare in termini di Ospedale di Corigliano e Ospedale di Rossano, pur se nell’ambito di uno stesso Comune) con posti letto insufficienti e sottodimensionati rispetto ai bisogni della popolazione residente, un’ipotesi di riapertura dell’Ospedale di Trebisacce, un territorio che garantisce poche risposte, sempre più depauperato, un Ospedale unico della Sibaritide che, finalmente, incomincia a vedere la luce.
Certamente, negli ultimi tempi, qualcosa si è mosso, ma non è possibile continuare ad aspettare quello che verrà, perché i bisogni di salute attuali non sono procrastinabili. Allora possiamo e dobbiamo porre le basi per un sistema sanitario di qualità, basato su una buona organizzazione e caratterizzato da una corretta gestione e controllo. E lo possiamo fare solo stabilendo delle priorità e seguendo una strada non agevole.
Gli obiettivi, da realizzare in tempi accettabili, dovrebbero essere almeno quattro: migliorare il servizio di emergenza-urgenza, compresi i Pronto Soccorso, anche dal punto di vista strutturale; incentivare le attività di prevenzione; garantire il soddisfacimento dei bisogni dei soggetti fragili, attraverso la realizzazione di una migliore e più forte rete di servizi territoriali; assicurare le cure, almeno quelle a bassa/media intensità. Non dico assolutamente nulla di nuovo, ma è arrivato il tempo di darsi da fare, perché la situazione non diventi drammatica e, covid o non covid, dobbiamo pensare anche alle altre patologie.
Facile a dirsi, difficile a farsi!
Le Aziende Sanitarie, nel tempo, si sono svuotate nel loro apparato burocratico-amministrativo. Questo non consente al momento di poter fare i concorsi e gli acquisti di beni e servizi con la velocità che una situazione di emergenza richiederebbe: il paradosso è che prima non potevamo assumere, oggi possiamo, ma non riusciamo;
si è privilegiata l’assegnazione degli incarichi apicali (soprattutto le Direzioni dei Dipartimenti e dei Distretti), lasciando la maggior parte dei Servizi Ospedalieri e Territoriali in mano a “facenti funzione” (quando nominati), non sempre autorevoli e riconosciuti nel proprio incarico dal restante personale: la conseguenza è la disorganizzazione del personale, demotivato, con una classe dirigente in carica che non sembra disponibile ad accettare cambiamenti, ed il ricambio è difficoltoso, per i motivi che dicevamo prima;
il Servizio SUEM-118, una volta fiore all’occhiello dell’ASP di Cosenza, (compreso l’elisoccorso, che è organizzato a livello regionale e non aziendale, e continua a funzionare e a garantire gli interventi anche quando manca uno degli elicotteri del sistema) oggi soffre di gravi carenze di organico; ma anche la “continuità assistenziale”, la cosiddetta guardia medica, è un problema che non trova soluzione: tutto ciò sta creando un sovraccarico di richieste ai Pronto Soccorso per la mancanza di un “filtro”, aggravando una situazione anche lì, già precaria. Inutile dire che, per quanto riguarda la continuità assistenziale ed il 118, sarebbe necessario un intervento normativo che portasse ad una revisione dei contratti in essere, per renderli più “appetibili” a quei medici che volessero scegliere quella strada. E comunque, detto tra noi, qualche dubbio viene sul numero programmato per l’accesso alla facoltà di medicina e alle scuole di specializzazione. Se non si trovano medici per l’emergenza, anestesisti, psichiatri, ginecologi e pediatri qualche errore di programmazione ci sarà stato!
Da queste brevi riflessioni, perché ci sarebbe tanto altro da dire, si può concludere che la situazione potrà migliorare se si riuscirà a:
rimettere in moto la macchina amministrativa, facendo i concorsi per acquisire nuove risorse, sulla base di scelte meritocratiche, ripeto, meritocratiche, che possano premiare le competenze e non le appartenenze, ed attivando un sistema di valutazione del personale che non assolva solo compiti burocratici, risolvendosi in una distribuzione a pioggia dei fondi sulla produttività;
“puntellare” i Pronto Soccorso con medici che abbiano competenze, anche se assegnati ad altri uffici, fino al reperimento di nuovo personale dedicato;
migliorare la risposta territoriale, attivando le UCCP (Unità Complesse di Cure Primarie), reti multiprofessionali con medici di medicina generale, di continuità assistenziale, specialisti, infermieri, che possano far fronte ad interventi di bassa-media intensità sgravando la struttura ospedaliera da questa tipologia di interventi;
garantire al Dipartimento di Prevenzione le risorse necessarie per poter assicurare almeno il soddisfacimento dei LEA (e dare risposta alle emergenze epidemiologiche attuali e future);
rivedere, alla luce dell’esistente, le reti ospedaliere, alcune delle quali (ad esempio la SCA Sindrome Coronarica Acuta) rappresentano delle eccellenze, altre sono estremamente deficitarie, anche per fare ri-assumere agli Ospedali Spoke il loro ruolo e all’Hub quello proprio. Questo processo, che è già in corso, congiuntamente con l’Azienda Ospedaliera, passerà attraverso la valutazione dell’efficienza, della corretta organizzazione e delle competenze delle UU.OO. delle diverse reti, e dovrà portare a garantire agli utenti il percorso terapeutico più adeguato alla propria patologia. E’ chiaro che, nel caso qualche UU.OO. non dovesse avere gli standard qualitativi minimi, la conseguenza sarebbe naturale, a tutela delle sicurezza dei pazienti. Ma meglio la sospensione di un servizio, o l’accorpamento, che avere sotto casa un inutile “postificio”.
Queste sono alcune idee che sto cercando di realizzare, che si affiancano alle intenzioni del Commissario dell’ASP, dr. La Regina, di “ricostruire” un’Azienda defraudata, forse anche della speranza di rinascere. Ma i tempi devono essere più rapidi, perché i bisogni (inevasi) di salute crescono sempre di più. La volontà del Management c’è, gli ostacoli anche. Stiamo cercando di superarli, insieme a quegli operatori di buona volontà che credono in una sanità pubblica di qualità, fatta di umanità e disponibilità, in cui si possa lavorare bene e per il bene dei nostri concittadini.
Vedremo come andrà!
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