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Il Covid non è solo una malattia, è una patologia sociale che sta facendo tantissime vittime... silenziose

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Uno stato di torpore dopo una lunga anestesia, durata un anno. Ci sentiamo tutti un po’ così, ancora avviluppati nelle nostre mascherine che non ci coprono solo il viso ma che da tanto, troppo tempo, ormai, hanno creato attorno a noi un baco di isolamento. A parte qualche temerario, soprattutto tra i giovani, la gente è stata costretta a ripiegare nella solitudine. La socializzazione che è alle fondamenta dell’attività dell’uomo è stata bandita. E questo a tutto discapito per la salute mentale di ognuno di noi.

Non so se avete notato il linguaggio dei social negli ultimi tempi. Siamo passati dal “cameratismo” del “ce la faremo” alle ingiurie e allo scontro totale tra vax e no-vax. Tra presunti buoni e presunti cattivi. Tra teoretici del complotto e quelli che la scienza sembra se la portino costantemente nel portafogli. Sono gli effetti della solitudine sociale. Di chi non si confronta più ma si affronta, l’un contro l’altro armato, nei salotti della rete. Che non esistono, che non ci sono, che sono solo ologrammi indefiniti, che lasciano la Persona più sola che mai.

Da marzo 2020, chi vi parla – e insieme a me tantissimi colleghi di cronaca e neofiti (impanicati o masochisti non c’è differenza) del covid – fa quotidianamente la conta di contagi e contagiati, di ospedalizzati e vittime della Sars-Cov-2. Un pianto in tensione. Sempre.

C’è chi muore ancora nei letti di ospedale, chi a casa… chi, invece, muore al termine di un passaggio di solitudine, malinconia e depressione. E sono tanti. Gente che si toglie la vita perché stanca. Stanca di vivere questa condizione di segregazione sociale, di isolamento perenne seppur in comunità.

Anche questi sono morti per Covid. Anche questi devono essere elencati nei decessi prodotti dalla pandemia.

E sapete, la paura arriva e si fa sentire ancora di più per quello che ci prospetta un futuro incerto e pieno di interrogativi. “Ritorneremo a vivere come un tempo: da una parte i ricchi e dall’altra i poveri” – diceva qualcuno. E forse è vero. Perché questa è una guerra e la guerra genera fame e carestia per i più. Poi c’è il boom economico, è vero, ma prima di arrivarci le sofferenze sono atroci.

Poi bisogna fare i conti con la nostra Italia che non è più la società post seconda guerra mondiale. La globalizzazione ci ha uniformati e allo stesso tempo ci ha reso una massa di deboli. Grazie al consumismo spinto e perdurante tutti abbiamo assaggiato il piacere della “bella vita” low cost… ma è un piacere effimero. E se tutto questo dovesse sparire? Domani.

È uno stato di torpore pericoloso quello che viviamo. Perché in questo stato di cose ci stiamo pure indebitando per prendere la rincorsa verso l’ignoto. Soldi, ci dicono, che serviranno a “riformare” il Paese e gettare le basi per il prossimo sviluppo: quello che ci accompagnerà per almeno i prossimi 50 anni. Ma non saranno soldi “a gratis”. A chi ce li presta (l’Europa) glieli dovremo restituire con “lacrime e sangue”.

Arriverà allora scure dei debiti… e quella sarà la morte sociale per tutti noi.      

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.