di MARTINA FORCINITI Il ritorno del Codex Purpureus Rossanensis è un po’ come una caccia al sogno della scommessa vincente. Perché in città c’è, sì, voglia di un riscatto sociale che sciolga i chili di sofferenza accumulati in anni di prepotenze subite a vario titolo. Ma nell’aria c’è un altro cambiamento, o piuttosto un atto di consapevolezza della comunità: dalla sfida culturale che il rientro dell’Evangeliario inaugurerà, può davvero passare una miracolistica rinascita di Rossano. Che coinvolga e trascini con sé ogni fetta della società, ogni spicchio della vita cittadina. Anche questa volta, il minimo comune denominatore da cui partire – a cui in passato si sono preferite le fratture, e pure multiple – è l’abbandono morale di ogni declinazione di personalismo, di municipalismo separatista. E qui si sfata naturalmente un altro immortale luogo comune: quello della mentalità marcatamente individualista, buona solo ad ergere muri. Che, per affrontare i mille drammi sociali di una collettività, va dunque inghiottita, risucchiata dal passato. L’Arcivescovo della Diocesi di Rossano-Cariati, Monsignor Giuseppe Satriano, non ha fatto altro che ripeterlo durante la conferenza stampa tenutasi martedì 22 marzo in Arcivescovado: «Se non ci si libera dalle manie di protagonismo, anche aziendali, la rivitalizzazione di Rossano è una partita persa in partenza. Codex o non Codex, siamo noi a dover uscire allo scoperto, a metterci la faccia. A tagliare i cordoni ombelicali con certi meccanismi clientelari e asserviti». In effetti, la previsione sul ritorno del Codice, fissato a fine giugno, inizi di luglio al massimo, non è stata certo lasciata al caso. «Vorrei che, al suo arrivo, la città fosse presente a livello istituzionale. Che quindi ci sia un sindaco pronto ad accoglierlo. Il Codex è già sulla via del rientro e anche il completamento del Museo è quasi agli sgoccioli. L’Evangeliario sarà mostrato in una vetrina significativa e adeguata, faremo in modo che l'arrivo in città diventi occasione di festeggiamenti popolari. Non a caso, infatti ‒ anche grazie ai contatti intrattenuti con il Quirinale e i Musei Vaticani ‒ abbiamo potuto e voluto ritagliare per l’evento una cornice televisiva che sarà la Rai a gestire». Ed è proprio sull’onda emotiva, ma certamente realistica, prodotta dalle dichiarazioni dell’Arcivescovo sulla necessità di abbandonare ogni egoismo, che si inseriscono armonicamente gli incontri convocati dalla Diocesi con i dirigenti scolastici, gli operatori turistici e l’imprenditoria. «Le istituzioni vanno scosse e sollecitate affinché questo bene non venga snobbato dall’inerzia, che è atavica in questo territorio. Tutta l’area circostante, e non solo Rossano, può essere riverberata dalla luce emanata dall’evento. Ci vuole collaborazione». Nel corso della conferenza, è stata poi tirata qualche somma. Altro argomento all’ordine del giorno, infatti, è stato l’intervento della Caritas diocesana in favore delle popolazioni colpite dall’alluvione del 12 agosto 2015. «Grazie al grosso contributo elargito dalla Conferenza Episcopale Italiana – ha dichiarato don Pino Straface, direttore dell’organizzazione di volontariato – e alle tante donazioni provenienti dal mondo ecclesiale, siamo riusciti a raccogliere circa 200mila euro che hanno nutrito aziende e privati non sulla loro parola, ma sulla base di verifiche concrete fatte sulle oggettive richieste. L’erogazione dei contributi ha tenuto conto, come criteri, dei danni assoluti, agendo sulle situazioni più disastrate. Non è stato trattenuto neanche un euro al di fuori di questa progettualità. In itinere, ci sono già due operazioni: l’apertura di un microcredito e l’avvio di un help center, un luogo di aiuto per i meno abbienti. Inoltre, è in fase di avvio un centro di ascolto antiusura per le vittime del gioco o dei debiti pregressi, le quali verranno supportate nella ricerca di una via di uscita che non sia l’usuraio». Così, se è vero che anche dalle esperienze negative e dalla sofferenza possono nascere segni di speranza, rimane fermo che la solidarietà non deve rimanere un fatto ipotetico. «Il bene deve esser visto realmente, non ipoteticamente – è la chiosa/denuncia di Mons. Satriano ‒. Per questo vi stiamo offrendo dati tangibili. Perché in molti non hanno fatto altro che farsi fotografare e mettere in mostra il proprio spirito di servizio, per poi sparire. Nel nulla».