di ROSSELLA MOLINARI Un percorso lungo e travagliato quello che ha portato all’approvazione, a maggioranza da parte del consiglio comunale di Corigliano, della delibera di impulso che dà il via all’iter per il referendum popolare sulla fusione con la vicina Rossano.
Un percorso protrattosi per oltre un anno, durante il quale i consiglieri avrebbero dovuto confrontarsi e approfondire al meglio la questione che è di portata epocale. Tralasciando i commenti su cosa e come si è proceduto all’approfondimento, proviamo a ripercorrere le tappe di una vicenda di cui ormai si parla da ben due anni. Era infatti il gennaio 2014 quando il Comitato, poi divenuto “delle cento associazioni”, ha lanciato il proprio appello facendo partire la proposta dal basso di fusione delle due città
. Un’idea che sembrava quasi «elitaria e giacobina», come ha avuto modo di ricordare in alcune occasioni il coordinatore del comitato Amerigo Minnicelli che, alla fine, tuttavia, ha pian piano incassato consensi sempre più ampi. Certo, c’è voluto un anno per la fissazione dei consigli comunali e due per la seconda delibera, ma, si sa, alcuni processi hanno bisogno di tempi lunghi... Dopo mesi di discussioni e di solleciti
, nel dicembre 2014 il presidente del consiglio comunale di Corigliano, Pasquale Magno, annuncia la convocazione della civica assise per il 16 gennaio 2015. In quella data, si riuniscono i due consigli comunali e, mentre a Rossano la delibera viene approvata all’unanimità, a Corigliano si rinvia il punto ritenendo necessario un momento di approfondimento. Nell’immediato, il sindaco Geraci tranquillizza il collega Antoniotti parlando di «un importante momento di grande maturità, responsabilità e partecipazione democratiche» su una questione «di portata storica sulla quale non poteva bastare una semplice e veloce alzata di mano, magari per ordine di scuderia o, peggio, per assecondare iniziative o regie di fatto esterne alle due istituzioni elettive coinvolte».
L’intenzione è quella di guardare anche ad altri comuni, nello specifico Crosia e Cassano all’Ionio, e di coinvolgere il più possibile la cittadinanza. A tal proposito, vengono annunciate iniziative pubbliche che, a onor del vero, si contano sulle dita di una mano. Ma tant’è! In più occasioni, rispondendo alle sollecitazioni del comitato delle cento associazioni e del comitato pro referendum nato nel frattempo, il sindaco Geraci e l’intero esecutivo difendono la decisione di approfondire. «Al di là della solita litania sui presunti ingenti finanziamenti pronti a cadere sulla testa dei cittadini del comune unico, di cui però non vi è traccia – recitava una nota dell’Amministrazione comunale nel giugno 2015 – e oltre alla solita imputazione storica alla mancata fusione di tutte le emergenze vissute oggi anche nelle due città di Corigliano e di Rossano, così come nel resto della Calabria (dalla disoccupazione all’emigrazione giovanile, dallo smantellamento dei servizi periferici ai tagli erariali),
quel che di più stupisce è che si prenda di mira l’intenzione e le attività dell’amministrazione comunale di Corigliano finalizzate, in scarsa compagnia a dire il vero, a promuovere in mezzo alla gente i contenuti e la sfida culturale di questo progetto». A luglio dello scorso anno, riprende l’iter. Trascorsa l’estate, si affronta l’emergenza alluvione. A novembre, tredici consiglieri comunali di Rossano rassegnano le proprie dimissioni dinanzi a un notaio, determinando la fine anticipata della consiliatura Antoniotti. Arriva un commissario prefettizio.
E, improvvisamente, si assiste, a Corigliano, a una “accelerata” dell’esecutivo sulla fusione che porta, in data 1 febbraio 2016 all’approvazione, con diciotto voti favorevoli e quattro contrari, della delibera di impulso. Mera coincidenza?