di FRANCESCO PINTO* La ragionevolezza è quel principio con cui il buon padre di famiglia governa il bilancio domestico. Lo stesso principio lo dovrebbe applicare il legislatore nel dettare le norme sulla spending review che, da legittimo sistema di controllo della spesa, è divenuta l’ossessione dominante, determinando talvolta scelte decisamente irragionevoli. È sicuramente il caso della norma sulla “gestione associata di funzioni e servizi” nei piccoli comuni (quelli con popolazione inferiore ai 5mila abitanti) varata a maggio 2010 dall’ultimo governo Berlusconi, più volte rimaneggiata e perpetuata tra le famose “mille proroghe” (l’ultima al 31 dicembre 2015).
La norma impone ai Comuni di accorparsi per raggiungere una dimensione demografica di almeno 10.000 abitanti. L’idea che ciò avrebbe prodotto significativi risparmi nella spesa, poteva venire solo a chi conosce superficialmente la realtà dei territori. Ed infatti attorno a questa idea si è affermato l’unanime consenso di tutte le forze politiche nazionali, nessuna esclusa, con il conseguente sostegno di tutti i mezzi di informazione. Il solerte Piero Fassino, presidente dell’Anci, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, si è spinto addirittura a sostenere che “sarebbe giusto scendere dagli 8.000 Comuni italiani a 2.500 azzerando i Comuni con meno di 15.000 abitanti”. In questo contesto, i piccoli Comuni hanno sostenuto invano l’incostituzionalità (la nostra legge fondamentale tutela l’autonomia dei Comuni) e l’impraticabilità della norma, visto che
non si tratta di filiali delle Prefetture da chiudere a piacimento. I dati Istat evidenziano come i piccoli comuni siano virtuosi registrando una spesa annua di 852 euro pro capite a fronte della media nazionale di 910 euro e della media dei grandi comuni pari a 1256 euro. Dati che dimostrano che non c’è affatto una correlazione tra piccole dimensioni del comune e costi di gestione ma c’è invece una correlazione opposta, perché nelle piccole realtà funziona da calmiere il “controllo sociale” sulle spese, vista la vicinanza tra eletti ed elettori. Il divario emerge ancora più evidente confrontando i costi dei Comuni al di sotto di 15.000 abitanti con quelli dei Comuni che superano questa soglia. Nel primo caso, il costo pro capite ammonta a 774 euro per abitante, nel secondo, le spese salgono a 995 euro per abitante. Circa 220 euro di risparmi che sparirebbero assieme ai Comuni che Fassino vuole azzerare. Poiché in questi Comuni vivono circa 24 milioni di italiani, si determinerebbe un maggior costo di circa 5 miliardi.
Asmel, l’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali, che unisce oltre 2200 comuni italiani, ha deciso di sostenere la battaglia dei propri associati più piccoli, attraverso il ricorso alla via giudiziaria. Vero, che i Comuni non possono cambiare le leggi e nemmeno far ricorso alla Corte Costituzionale. Ma è sempre possibile impugnare un atto amministrativo emanato in applicazione di una legge che si ritiene ingiusta e richiedere al Giudice di trasmettere gli atti alla Corte perché ne affermi l’incostituzionalità.
Siccome la miopia del governo era divenuta accanimento con la circolare del Ministero dell’Interno del 12 Gennaio 2015, che aveva previsto il commissariamento per i comuni inadempienti alla norma sull’accorpamento coatto, abbiamo deciso di rivolgerci al giudice amministrativo e come Asmel abbiamo sostenuto il ricorso al Tar della Campania dei comuni associati.
Un ricorso che ad una settimana dalla sua presentazione ha già avuto le adesioni di centinaia di comuni dislocati in tutto il Paese. Un ricorso che attacca formalmente, l’atto amministrativo ministeriale, ma soprattutto richiede il rinvio alla Corte Costituzionale della norma sull’accorpamento coatto per la verifica di costituzionalità. Ci sembra evidente, infatti, la
lesione del principio di autonomia degli Enti Locali, garantito dalla Costituzione, ma soprattutto l’irragionevolezza nella norma proprio in virtù dei dati di spesa sovraesposti, che dimostrano che stavolta il buon padre di famiglia ha fatto male i conti.
*Segretario generale Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali