di MATTEO LAURIA È una battaglia che nasce nel 2012, data di chiusura del Palazzo di giustizia. Il 2015 è stato un anno di transizione, tra scelte e non scelte, tra mediazioni e diplomazia, tra tentativi di riprendere la protesta e accordi trasversali di chi continua a millantare conoscenze di vario tipo e genere. Il risultato è che il tribunale è ancora chiuso. E conserva l’archivio storico. A casa i lavoratori dell’indotto, gli addetti alla sorveglianza, gli operai delle pulizie, qualche licenziamento all’interno del consiglio dell’ex Ordine forense, e lo scandalo dei precari di giustizia ora trasferiti e spalmati tra Bolzano, Pavia, Bari, per 350 euro mensili. A tutto questo il danno ai commercianti, ora ai limiti della sopravvivenza. E lo sperpero di denaro pubblico per la realizzazione di un parcheggio a supporto del presidio di giustizia. Inutile poi soffermarsi sugli effetti dell’accorpamento a Castrovillari di cui tanto si è parlato, sui costi aggiuntivi determinati dalla necessità di riattivare il vecchio tribunale per la mancanza di spazi nel nuovo, e gli sprechi sui viaggi da e per il Pollino, a causa della quasi totale assenza di mobilità pubblica. Per il futuro si rimane in attesa degli esiti della commissione di valutazione voluta dal guardasigilli Andrea Orlando chiamata a esprimersi sui livelli di efficientismo raggiunti dopo la riforma della geografia giudiziaria e pronunziarsi sugli esiti degli accorpamenti, tra cui Castrovillari. Nel frattempo, la tolleranza dell’attesa è colma. E così un gruppo di professionisti, non solo avvocati, sta maturando l’idea di organizzarsi in comitato per una manifestazione, questa volta dura, a Roma, sotto la sede di Palazzo Chigi. L’idea è quella di dare vita a uno sciopero a oltranza fino a quando non saranno spiegate le ragioni della chiusura dell’ex tribunale di Rossano. Si chiede al ministero della giustizia, sarà un paradosso, “GIUSTIZIA”. Si è un po’ tutti consapevoli che il metodo utilizzato per la soppressione del tribunale di Rossano “puzza”, sa di sporco. Non a caso il senatore Enrico Buemi parla di “carte false”. E il mistero s’infittisce ancor di più quando il ministro Orlando su questi punti non intende rispondere neppure a interrogazioni parlamentari. Tanto meno accoglie la richiesta della istituzione di una commissione d’inchiesta per fare luce circa le condotte adottate da una sorta di cabina di regia per addivenire alla chiusura. Lo Stato dunque è silente, si chiude dietro un atteggiamento a dir poco sospetto. Il comitato “Per la verità” è in fase di costituzione, e nei prossimi giorni non è da escludere l’indizione di una conferenza stampa al fine di spiegare le ragioni della protesta forte nei confronti di un Governo che sulla questione Rossano latita. Tra gli obiettivi degli organizzatori la necessità di urlare all’Italia l’ingiustizia subita e in quanto tale rimasta immotivata. Una protesta a oltranza unitamente allo sciopero della fame. È un segnale di disperazione che giunge da una categoria che vive un momento di alta difficoltà. E non solo i giovani, ma anche studi affermati. Non a caso in uno degli ultimi numeri de
L'ECO è stato evidenziato l’allarmante dato di molti professionisti che lasciano la toga per l’insegnamento, destinazione Nord. Si predilige lo stipendio e la pensione sicura. Dopo anni di studi universitari, sacrifici economici, avvio all’esercizio della professione, si arriva a 50anni per poi dover decidere di lasciare il territorio per una supplenza nelle scuole. Questo è quanto lo Stato è riuscito a dare ai cittadini della Sibaritide.