Perché Chet Baker ci parla ancora?
A Corigliano scalo, una mostra curata dal maestro Michele MiniSci svela il lato più umano e fragile del mito del jazz
CORIGLIANO-ROSSANO - Una figura che continua a sedurre le nuove generazioni, a ispirare accademie, tesi universitarie, libri, corsi di perfezionamento. A oltre 35 anni dalla sua morte, Chet Baker non smette di interrogare musicisti, critici e appassionati. Lo dimostra la mostra fotografica in corso fino al 30 ottobre al Vintage Club di Corigliano Calabro, evento unico in Italia per taglio, rarità e intensità emotiva delle immagini.
L’esposizione – curata da Michele Minisci, storico direttore del leggendario Naima Jazz Club di Forlì, che ospitò Chet nel 1984 – raccoglie quasi 100 fotografie inedite e intime, scattate non da professionisti, ma dagli spettatori dei jazz club di mezzo mondo. Ritratti veri, vulnerabili, lontani dall’estetica patinata: Chet che ascolta, che si perde, che esiste oltre il mito.
La mostra è accompagnata dall’ascolto esclusivo di una registrazione “fantasma” del concerto di quella storica sera al Naima, miracolosamente riemersa nel 2023 dopo 40 anni e arrivata da New Orleans, dove l’anonimo spettatore bootlegger si era trasferito.
Un evento che non è nostalgia, ma memoria viva: “bello e dannato”, sì, ma soprattutto umano, fragile, irripetibile.
Un bisogno di Chet che continua a crescere, come testimoniano le numerose tesi di laurea che ogni anno i Conservatori italiani gli dedicano — segno che il suo canto spezzato continua a essere contemporaneo, forse oggi più che mai.