Dov'è Sybaris? Oggi la domanda se la pone anche la più autorevole rivista accademica sulla Magna Grecia
La rivista Atti e Memorie della Società Magna Grecia accoglie lo studio di Nilo Domanico. Pier Giovanni Guzzo: «Ha aperto nuove, e talvolta insospettate, prospettive di ricerca»

CORIGLIANO-ROSSANO - Che lo studio Alla ricerca di Sybaris e Thurii di Nilo Domanico finisse sulle pagine degli Atti e Memorie della Società Magna Grecia non era affatto scontato. E invece, nel numero 2025 della più autorevole rivista scientifica dedicata alla Magna Grecia, appare una recensione corposa – oltre cinque pagine – firmata da Pier Giovanni Guzzo, archeologo, accademico dei Lincei e direttore della stessa rivista.
Guzzo apre senza esitazioni: «Le osservazioni e le proposte avanzate da Nilo Domanico hanno aperto nuove, e talvolta insospettate, prospettive di ricerca». Non un riconoscimento di circostanza, ma la conferma che il lavoro di Domanico entra a pieno titolo nel dibattito scientifico sulla “questione Sibari”.
Un approccio olistico e multidisciplinare
La recensione sottolinea il valore di un metodo diverso dal consueto: «Nilo Domanico – si legge - si è cimentato con l’approccio che gli deriva dalla sua sperimentata professionalità: non archeologica ma rivolta alla conoscenza della terra e alla sua trasformazione, quindi del contenitore all’interno del quale si sono realizzate e deposte le opere dell’uomo».
È in questa prospettiva che si inserisce la proposta di un’analisi olistica, capace di intrecciare archeologia, geologia, idrogeologia e storia. Per Guzzo, insomma, questa impostazione arricchisce il campo e offre agli studiosi una piattaforma concettuale nuova da cui partire.
L’acqua come chiave di fondazione
Uno dei passaggi che Guzzo valorizza maggiormente riguarda il ruolo delle sorgenti: «Il nostro Autore ritorna ad un’analisi delle sorgenti di acqua dolce, in quanto afferma che per la costruzione di una nuova città… uno dei requisiti fondamentali era quello della presenza di sorgenti d’acqua dolce. E non gli si può dare del tutto torto».
In altre parole, l’acqua diventa non un dettaglio marginale, ma la condizione che spiega la scelta del sito da parte dei coloni achei.
Tre città, non una sola
Domanico insiste sul fatto che Sibari, Thurii e Copia non siano città sovrapposte ma insediamenti distinti, collocati in aree differenti della piana del Crati. Una tesi che rompe con una tradizione consolidata. Guzzo non la sminuisce, ma la contestualizza: «In mancanza di documentazione archeologica dirimente… rimaniamo nel campo delle ipotesi circa la localizzazione delle tre città».
Il che non significa ridimensionare il valore dello studio, anzi: riconoscere che anche gli scavi fin qui condotti non hanno risolto definitivamente il nodo. «Si nutrono dubbi circa una presenza stabile di epoca arcaica nel cantiere di Casa Bianca, così come per la continuità, o meno, spaziale di una frequentazione tra Parco del Cavallo e Stombi».
L’1% appena esplorato
La forza della recensione sta anche nei numeri. Guzzo richiama il fatto che «l’area da ultimo indagata e riportata in luce nei cinque cantieri corrisponde solamente ad un centesimo… così che è facile affermare che si ha, in pianura, ancora grande spazio per compiere studi, ricerche e scavi dai quali ci si può ragionevolmente attendere risultati di grande interesse e nuovi rispetto a quanto già noto».
Un monito che sposta l’attenzione non solo sulle ipotesi di Domanico, ma sul potenziale ancora inesplorato della piana.
Un appello alle istituzioni
La recensione si chiude con un passaggio che è quasi un manifesto: «La suggestione che lo studio di Nilo Domanico esprime, e che non si può non accogliere e fare propria, è tale da giustificare il rivolgere un convinto, motivato e pressante appello alle autorità competenti affinché finanzino un’adeguata attività archeologica d’indagine, condotta da professionisti, così da saggiare e svelare la nascosta realtà».
È l’invito, diretto e inequivocabile, a non fermarsi alle ipotesi, ma a trasformarle in ricerca concreta, sul campo.
Una legittimazione autorevole
La pubblicazione della recensione sugli Atti e Memorie segna dunque un punto di svolta. Non un riconoscimento formale, ma la legittimazione di un percorso di ricerca che parte da prospettive nuove e si innesta in una tradizione secolare di studi.
In altre parole, ciò che fino a ieri poteva apparire come una “voce fuori dal coro” oggi è diventato un tassello del dibattito ufficiale. Perché, come scrive Guzzo, la “questione Sibari” resta aperta e vitale, e il contributo di Domanico ha avuto il merito di aprire scenari nuovi, insospettati e tutt’altro che marginali.