Non solo Brunori... a dirigere l'orchestra c'è lo spezzanese Stefano Amato
Da Spezzano Albanese, la quota arbëreshë del Festival. Ecco chi è il direttore d'orchestra che dirige Brunori ne "L'Albero delle Noci"
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SPEZZANO ALBANESE – Il 75esimo Festival di Sanremo, ormai lo sappiamo bene, ha portato sul palco dell’Ariston l’ormai noto cantante calabrese, di San Fili, Brunori Sas che ha convinto tutti con la sua musica e il suo modo di raccontare la sua terra e le sue origini. Ma dall’altra parte, nel “golfo mistico”, a dirigere l’orchestra per lo stesso Brunori c’è un altro talento calabrese: il Maestro Stefano Amato.
Originario di Spezzano Albanese, da anni fa parte del progetto del cantautore cosentino. Amato ha mosso i suoi primi passi musicali con il maestro Spiro Pano che lo iniziò allo studio della chitarra. Il talento, poi, lo spinse ad intraprendere la carriera in Conservatorio scegliendo di imparare il violoncello, per via dei suoi suoni «gravi e profondi». Da allora tante esperienze musicali (dalla musica da camera all’orchestra, ma anche concerti jazz e musica sperimentale), tutte vissute con grande entusiasmo e dedizione.
Oggi Amato, dopo i successi e le avventure di questi anni, continua a vivere di musica, insegnando anche in una scuola a San Marco Argentano. Ma non dimentica il suo paese e ciò che ha rapprsentato. Come ha raccontato a dirittodicronaca.it: «Per me Spezzano è il luogo dei ricordi, dell'adolescenza, delle amicizie che durano per sempre perché si sono formate in un periodo della vita fondamentale per la tua relazione con il mondo. È il luogo in cui quando andavo in giro mi dicevano: ma tu chi sei? Il figlio del professore Amato? È il luogo in cui sognavamo quello che c'era fuori dalla Provincia, quando negli anni 90 si fantasticava su come potesse essere il mondo fuori da Spezzano. E probabilmente alla fine ce ne importava poco, perché stavamo bene lì, perché il paese, secondo me, è un bellissimo luogo dove vivere, perché ti senti protetto, perché senti di avere uno scopo nel paese. Sebbene abbia frequentato molto poco il paese negli ultimi anni, per questioni di lavoro, quando mi capita di fare una passeggiata, di stare in piazza e di salutare qualcuno è come se vedessi me stesso ragazzino che giocava alla villetta. Devo dire che mi emoziona molto ricordarmi di quei luoghi in quegli anni e penso che ancora oggi influisca su quello che sono diventato, soprattutto come persona. La paura, per esempio, quando vengo, è quella di non riconoscerla più la mia Spezzano e le domande che mi faccio sono: potrei non riconoscerla più perché sono cresciuto o perché Spezzano è cambiata? Io spero sempre che sia la prima, perché vorrei che la Spezzano che ricordo non cambiasse mai».