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Noi siamo rivoluzione - Il globalismo spietato che minaccia l'esistenza della famiglia

7 minuti di lettura

Il termine rivoluzione viene, di prassi, considerato come intriso di cambiamenti positivi, di innovazioni portatrici di progresso. È un concetto, questo, che è stato ampiamente approfondito nel primo articolo concernente tale tematica.

Naturalmente, non sempre tale assioma risulta fornito di dimostrazione ed anzi, spesso, la rivoluzione ha connotazione negativa o, quanto meno, destabilizzante.

Vi è stato un tempo nel quale, pur vivendo stravolgimenti continui, ognuno di noi sapeva di detenere alcuni punti fermi ed il più imprescindibile tra questi era, certamente, la sicurezza di appartenere al proprio genere sessuale.

Con questa premessa già ho nel mio foro interno la consapevolezza di iniziare a camminare sulle uova, ma non importa. Alcune cose vanno dette, anche se scomode ed anzi, in quel caso, vanno addirittura sottolineate con cortese fermezza.

Occorre però un’altra premessa: parlare del genere sessuale non c’entra nulla con i gusti sessuali, che rimangono territorio personale della propria sfera intima di appartenenza.

Nell’immaginario greco – e segnatamente quello platonico – l’Eros innalzava e nobilitava. Nel Simposio, addirittura, l’Eros costituiva la divinità più abile ad avvicinare l’uomo all’”iperuranio”, ossia il mondo delle idee.

Poi, nel tanto famigerato Medioevo, l’amore presentava addirittura una funzione nobilitante. L’”Amor cortese”, infatti, si associa a uno stile letterario e ad un corrispondente codice comportamentale.

Anche successivamente, nel rinascimento, l’amore esprimeva, meravigliosamente, il circuito spirituale che da Dio conduceva al mondo e viceversa.
La rivoluzione sessuale, partita negli anni sessanta, prima nei campus americani, con incubazione europea del Maggio francese e poi portata in Italia, porta un cambiamento radicale nella relazione tra i due sessi e tuttavia, il tutto viene incastonato in un ordine di cose che, ancora, si permette di seguire una certa regolarità.

In sostanza, pur con tutte le intenzioni di cambiare il mondo, nessuno avrebbe anche solo ipotizzato di mettere in dubbio che le caratteristiche donate dal diritto naturale non potevano e non possono di certo essere stravolte dall’uomo.

Eppure, oggi esiste una nuova narrazione che glorifica un nuovo ordine amoroso che viene indentificato con una vera e propria ideologia, con annessi e connessi, ossia l’ideologia gender.

Questa ideologia innesta una malevola novità nel quadro didattico di tutte le ideologie, ossia quella di negare il proprio statuto ontologico e pretendere di presentarsi come naturale modo di vedere e di intendere il reale.

L’egemonica ideologia gender (sponsorizzata da una certa schiera politica, ma soprattutto da centri di potere e dalla potentissima lobby LGBTQ) predica quella fluidità sessuale, sentimentale ed infine erotica che, sostanzialmente, ha il coraggio di negare l’esistenza di una natura umana fondata sulla dualità dei sessi e dei generi.

Quindi, la suddetta ideologia ha come conclamato scopo quello di creare un nuovo modello umano unisex, malleabile a seconda delle circostanze e per arrivare a tale modello i passaggi sono (e devono essere): femminilizzazione del maschio, distruzione della famiglia, nuovo femminismo postmoderno rivolto ad obiettivi vacui e futili. Il tutto si inquadra, perfettamente, in un progetto che è stato già espresso nei precedenti articoli, ossia la società liquida, formata, cioè, da semplici consumatori che non abbiano alcuna identità né punti di riferimento.

Un amore liquido, dunque, che si esplicita come meramente universale e non mediato dal particolare, quale è quello cosmopolitico promosso astrattamente dagli illuministi. L’appiattimento globalizzato non è un episodio fine a sé stesso, bensì un progetto generalizzato che investe ogni sfaccettatura della società moderna.

Sotto precise parole d’ordine troviamo questo individuo che ormai non sa cosa egli sia, seguendo gli input martellanti e fuorvianti dello pseudo mondo intellettuale radical-chic. Egli, l’individuo, si trova, pertanto, ad essere cittadino del mondo (perché ogni riferimento nazionale deve essere bandito come pericoloso sciovinismo); ad essere ovunque a casa (perché privato di fissa dimora spesso derubato della propria casa da occupanti tutelati da una precisa cultura politica e giudiziaria); ad essere liberato da ogni fastidioso vincolo familiare (cioè materialmente impossibilitato o caldamente sconsigliato dal costruirsi una famiglia).

Di conseguenza, l’ideologia globalista fa apparire come possibilità emancipative quelle che, invece, sono a tutti gli effetti delle condanne ad una eutanasia identitaria. Ormai l’individualismo viene portato al parossismo al punto che la società, in un cieco suicidio, si condanna a breve termine. Non trova altra spiegazione il supporto tacito che riceve, quotidianamente, la nuova ideologia imperante, quella gender. 

Assistiamo alla avvilente e continua parata di uomini di spettacolo, artisti e conduttori televisivi vari che ripetono, ossessivamente, il mantra del ventunesimo secolo; ossia che il genere non viene fornito dalla natura alla nascita, ma può essere scelto e modificato anche più volte, anche giornalmente, perché siamo ciò che decidiamo di essere a seconda del nostro vezzo ed umore del momento.

Un carrozzone dell’assurdo che una buona fetta della popolazione, quella intossicata da arcobaleni e diritti inventati dal nulla, avalla perché priva, ormai, di riferimenti ideologici sani e reali e l’altra parte, la maggioranza silenziosa, è costretta a tollerare. Ma io lo domanderei davvero a questi pseudo intellettuali che hanno dimenticato la lotta di classe per abbracciare l’ammucchiata di classe: ma venti anni fa avreste preso seriamente situazioni come quelle di uomini che decidono di sentirsi donne e quindi partecipano a gare sportive ufficiali contro donne vere? Con evidenti vantaggi dovuti alla superiorità fisica? Avreste preso seriamente situazioni nelle quali persone di spettacolo mostrano soddisfatti la loro progenie mascherata con abiti del sesso opposto?

Verrebbe da domandarsi dove alberghi, in tali casi, quell’enorme apparato fatto di giudici minorili e assistenti sociali che intervengono quando le situazioni economiche sono difficili pur essendoci la serenità familiare.

Tatticamente, l’ideologia gender sa fare bene i suoi calcoli; lo schema efficace consiste sempre nel trovare una parola d’ordine da reiterare con insistenza, fino a creare l’effetto Pavlov e dunque ottenere il beneplacito dei sudditi al suono del campanellino, come il cane che associa quel suono al cibo, anche se il cibo non c’è.

L’ultima parola magica in ordine di tempo è Patriarcato.

Ora, a prescindere che per poter parlare seriamente di patriarcato occorrerebbe che esistessero dei patriarchi - cosa assolutamente risibile nella società moderna, a meno che non si voglia restringere il campo a qualche piccola ed arretrata zona rurale – ma sarebbe interessante che ci spiegassero in quale universo parallelo essi vivano, perché in questo dove stiamo vivendo le donne sono (e giustamente) dirigenti di aziende, comandanti di polizia, presidenti del consiglio.

In questi tempi volgarotti ne abbiamo viste di tutti i colori: dalle battaglie ideologiche in nome di una presunta liberazione, ai testi delle canzoni modificati in omaggio a una distorta interpretazione della consensualità femminile ad un rapporto.

Il tutto sembra indirizzato verso una guerra a prescindere contro il maschio in quanto tale che appare, nella generalità, colpevole geneticamente appena un altro appartenente al suo genere compie un misfatto contro una donna. 

Ecco, dunque, che quando questo accade si rispolvera il termine tanto di moda in questo ultimo anno: “Patriarcato” e si pretendono le scuse sommesse di tutti gli uomini del pianeta per un crimine compiuto da uno soltanto.

Mi rendo conto come sia davvero difficile provare a ragionare in termini diversi laddove i mass media, in primis, avvelenano il clima con un continuo e martellante bombardamento psicologico che non ha altro scopo che tenere alto il livello di guardia per scopi altamente discutibili.

Il fatto è che occorre in tutti i modi delegittimare il nucleo fondante della società, la famiglia. La delegittimazione ideologica della famiglia eterosessuale, come fondamento della vita comunitaria centrata sulla eticizzazione del rapporto sentimentale, e dunque sulla sua stabilità, avviene per il tramite della catechizzazione degli oratori giornalieri all’interno dei canali televisivi, delle scuole, dei giornali. Questi la ridicolizzano e contestualmente la demonizzano, classificandola come ideologicamente omofoba e oppressiva, quindi come un esempio superato dal quale è giunto il momento di prendere congedo senza eccessivi rimpianti.

Diciamo la verità e abbiamo il coraggio di gridarla forte e chiara. Qui c’è una esigua minoranza che pretende (non chiede, pretende va sottolineato) che un proprio capriccio diventi automaticamente diritto ed essendo essa una potente lobby, può contare sugli appoggi politici per poter portare avanti le proprie battaglie.

Oggi, il rischio di confondere la catena delle generazioni è immenso e irreversibile. Così come non si possono distruggere le fondamenta di una casa senza che questa crolli, non possiamo rinunciare alle fondamenta della nostra società senza metterla in pericolo.

In coerenza con la profezia distopica tratteggiata, a tinte fosche, da Aldous Huxley nel Mondo nuovo (1932), la sessualità trasgressiva, trasformata in sterile e pretestuosa provocazione rappresenta uno dei pilastri fondamentali del nuovo mondo postsessantottino e del globalismo a deregolamentazione integrale.
In questo enorme spazio confusionario tutto è possibile, fuor che adoperarsi per rovesciare l’ordine di questa nuova spaventosa società, tutta incentrata sul sacro principio dell’alienazione compulsiva.

Questa globalizzazione tanto osannata dai pigmei radical chic oggi, dunque, aspira in ogni modo a distruggere la famiglia e, con essa, ogni forma di comunità ancora esistente, sostituendola con atomi isolati e single, incapaci di relazionarsi de visu senza l’aiuto di social e altre amenità.

Se la tanto stigmatizzata famiglia comporta, per sua ontologica natura, la stabilità sentimentale ed affettiva, ma anche biologica e lavorativa, oltre che, naturalmente, la solidarietà anti utilitaristica tra i suoi membri, la sua distruzione risulta pienamente coerente con il processo sovversivo oggi in atto con la ideologia gender.

Secondo tale ideologia non deve esservi più alcun riferimento familiare o di genere, perché ciò che conta è solo il vezzo del momento. Il vezzo, o desiderio, è privo di legge e di misura e non può essere controllato. L’esaltazione che vediamo in tv di tale ideologia si innesta proprio in tale superiore disegno ed ecco, anche, perché scaturisce l’imperante tendenza a dilatare ideologicamente i confini del concetto di famiglia fino a renderlo indefinibile nella sua essenza e pertanto, come pedissequa conseguenza, vacuo e privo di significato.

Esiste la possibilità di porre un freno per poi invertire la tendenza? Le strade sono, come al solito due: scuola e famiglia. Sarei pessimista per quanto concerne la prima, per lo meno nel nord Italia, laddove sono in atto sperimentazioni oscene anche nelle favole da raccontare ai bambini; rimango speranzoso per ciò che concerne la seconda strada. 

Quindi, ognuno dovrebbe fare opera pedagogica nell’ambito del proprio nucleo familiare e trasmettere ai propri figli la fierezza della propria identità e di quelle radici che, come diceva un certo Tolkien: “se sono profonde, non gelano mai”.

di Francesco Russo

Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

Ecodellojonio.it è un giornale on-line calabrese con sede a Corigliano-Rossano (Cs) appartenente al Gruppo editoriale Jonico e diretto da Marco Lefosse. La testata trova la sua genesi nel 2014 e nasce come settimanale free press. Negli anni a seguire muta spirito e carattere. L’Eco diventa più dinamico, si attesta come web journal, rimanendo ad oggi il punto di riferimento per le notizie della Sibaritide-Pollino.