Dalla "frissura" alla tavola: ecco gli insuperabili Cullurielli di Corigliano
Mentre gli odori della festa invadono le vie della città, proseguiamo questo viaggio immaginario tra le cucine di Corigliano-Rossano dove ancora si mantiene alta la tradizione. E dei "cullurielli" vi diamo anche la ricetta
CORIGLIANO-ROSSANO - Stamattina con Gino Campana siamo partiti alla scoperta di questo primo giorno di dicembre. Un momento magico per questa parte di Calabria e per questa città. Dall'immaginarli, quegli odori sono diventati realtà. E dalla frissura (la padella) siamo passati diritti al piatto dove la signora Maria di Corigliano centro storico ci ha sfornato, caldi caldi e zuccherati i celebri cullurielli coriglianesi. E con essi una storia, la storia delle nostre trtadizioni, delle nostre radici.
Il Natale di qualche anno fa aveva un suo fascino, ma soprattutto, una sua semplicità. Quel Natale non brillava di ragnatele di fili d’oro e d’argento, non s’illuminava dei richiami elettrici di mille lampadine colorate, non conosceva l’aroma del panettone e le bollicine delo champagne, né l’ansia frenetica i offrire e ricevere tanti, tantissimi doni preziosi negli incarti, quanto inutili e superflui nel loro contenuto. Aveva la sua magica atmosfera fatta di cose semplici e toccanti, di odori intensi e gradevoli, di festose tavolate, di entusiasmo di bimbi, di grandi occhioni incantati davanti alle statuine del presepio. Ma ogni cosa per natura si rinnova ed anche le antiche tradizioni sono destinate a mutare nel tempo, per produrre idee nuove nelle giovani generazioni: al poetico focolare è subentrato il termosifone, al laborioso presepio l’albero di Natale di teutonica memoria, sbrigativo e facile da addobbare. Pure, nonostante gli inevitabili mutamenti delle usanze e dei nostri stessi gusti, il fondo centrale della tradizione natalizia rimane sempre vivo. Ritorna così il suggestivo Natale di casa nostra, che noi adulti cerchiamo di far “sentire” ai nostri figli con la stessa intensità emotiva con cui ritornano sull’onda della nostra memoria le voci e i volti amati della nostra infanzia, l’odore d’incenso delle Novene, del muschio del presepio, della cannella e dell’olio fritto; l’eco delle “ciaramelle”, del crepitio del ceppo nel camino, delle allegre risate delle tombolate, degli assordanti botti dei “tricche-tracche”. Sono ancora molte le massaie che salutano l’arrivo delle festività natalizie (come oggi 1° dicembre), come una volta, preparando il primo dicembre i primi “cullurielli”. L’allegro sfrigolio dell’olio nella “frissura” ci propizia l’augurio della cas ed è di buon augurio per il capo famiglia, che deve tenere il manico della “frissura” nell’attimo che la moglie vi immerge il primo “culluriello” a lui stesso riservato ed impastato in forma di “Bambinello Gesù”. Nella stessa padella poi venivano fritti i “cullurielli” che erano destinati alle altre persone che si trovavano in casa. Di seguito, per chi è interessato, si riporta la ricette dei “cullurielli”. Ingredienti:
- 1 kg di farina 00
- 1 kg di patate lesse
- 25 gr di lievito di birra
- sale
- acqua q.b.
- olio di semi per friggere
Procedimento:
Lavate e lessate le patate, poi scolatele e sbucciatele. Schiacciate le patate con lo schiacciapatate, raccogliendo la purea in una grande ciotola e aggiungete la farina, il lievito di birra, sciolto in una parte di acqua con il sale, e iniziate a mescolare gli ingredienti aggiungendo l’acqua poco per volta, fino a raggiungere una consistenza morbida. Proseguite impastando con le mani fino a ottenere un composto omogeneo e liscio, aggiungendo un po’ di farina quando è necessario. Le patate sono appiccicose e ogni tanto vi dovete infarinare le mani per lavorare bene l’impasto. La quantità di acqua dipende dal grado di assorbimento della farina e dalle patate che utilizzate, quindi bisogna regolarsi aumentando o diminuendo la quantità d’acqua indicata fino a ottenere l’impasto morbido e omogeneo. Quando l’impasto non si attacca più alle mani è pronto per lasciarlo lievitare. Ponete l’impasto sulla spianatoia e copritelo con un grande strofinaccio o tovaglia, lasciandolo riposare in un luogo caldo e privo di corrente per circa 2 o 3 ore. Una volta che l’impasto è raddoppiato, tagliate delle strisce larghe 3-4 cm e formate delle piccole ciambelle, secondo la grandezza che volete ottenere. Poi, arrotolate l’impasto con le mani infarinate sulla spianatoia, anch’essa leggermente infarinata, poiché l’impasto è piuttosto appiccicoso anche dopo lievitato e formate le ciambelle. Finite di fare tutte le ciambelle, mettete a scaldare l’olio in una padella profonda e quando avrà raggiunto la giusta temperatura, delicatamente con le mani tuffateli nell’olio. Fate dorare da un lato e poi giratele e fate dorare dall’altro lato, infine sollevatele una per volta con una schiumarola e adagiate le ciambelle in un contenitore rivestito di carta assorbente, tenendole al caldo finché non terminate di friggerle tutte. Servitele calde. Sono ottime e morbide anche il giorno dopo se sono conservate coperte con la pellicola trasparente per alimentari. Si possono anche scaldare nel forno per pochi minuti.