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La fine di Ulysse: «Uccisa in canile piuttosto che affidata»

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CORIGLIANO-ROSSANO - Qui di seguito riportiamo la vicende del mancato affidamento del cane Ulysse affetto da una particolare patologia e di un presunta responsabilità da parte dall'Asp provinciale. La denuncia è partita da Animal Protection Italia, associazione che si occupa delle violenze sugli animali.

Come tanti altri cani randagi feriti, a maggio una pastorina era stata accalappiata e portata nel canile sanitario di Rossano. Il cane, chiamata Ulysses, da subito veniva rivendicata da una volontaria che con PEC e telefonate dirette alla ASP veterinaria e al Comune manifestava la volontà di prendersi cura del cane, da ogni punto di vista con particolare urgenza alla volontà di farla ricoverare in strutture specializzate. Le risposte ufficiali però non sono mai giunte, come capita spesso, né dal Comune né dalla ASP veterinaria e intanto montavano le preoccupazioni per il cane, costretto a stazionare nel sanitario, in un box, senza le cure amorevoli di nessuno e, peggio, dalle ore 14 di chiusura del canile di ogni giorno fino alla mattina successiva nella piena solitudine. La cosa più drammatica è che la volontaria continuava a mandare PEC e chiamare le Autorità anche dopo il 3 luglio, data in cui abbiamo saputo Ulysses è stata soppressa per eutanasia e per una patologia nemmeno certa ma sospetta. Perchè nessuno delle istituzioni preposte interpellate ha ritenuto giusto e umano lasciare che il cane venisse seguito e curato da privati, che avrebbero potuto garantire le cure del caso e soprattutto evitare la stabulazione all’interno di un box? Perchè non si è voluto garantire al cane, anche laddove la malattia fosse stata terminale, di trascorrere gli ultimi giorni di vita circondata di affetti e cure 24h? Per tali ragioni, come “Animal Protection Italia” (che ha richiesto l'affidamento del cane) e “Stop Animal Crimes Italia” (che si è occupata degli aspetti normativi e legali ovvero di redigere gli atti), abbiamo depositato all’Autorità Giudiziaria una denuncia per chiedere accertamenti sulla vicenda, sulle terapie effettuate, sulla opportunità di aver impedito l’affidamento del cane, peraltro come l’articolo 38 della L.R. 45/23 dispone e consente; effettivamente il periodo di degenza presso il canile sanitario solitamente è di minimo 60 giorni ma può essere ridotto in caso di richieste da parte di privati e Associazioni di affidamento dell’animale. Periodo, questo dei 60 giorni, che andrebbe rivisto in quanto costituisce elemento spesso in danno del cane e delle casse dei Comuni. Non pretendevamo altro che prenderci cura del cane, ritenendo che avremmo potuto prolungargli l’esistenza, senza la necessità di ucciderlo; le adozioni cosiddette del cuore a questo servono, da sempre. Altre volte e in mille altre occasioni abbiamo preso cani gravemente malati dai canili e anche se paraplegici o altro, hanno vissuto ancora molti anni. Non capiamo davvero le ragioni per cui chi aveva il potere (e secondo noi anche il dovere) di affidare Ulysses, lasciandolo vivere certamente più dignitosamente, abbia invece insistito nel tenere il cane in canile e poi toglierli la vita e di questo abbiamo chiesto conto appellandoci formalmente alla Giustizia.

Rita Rizzuti
Autore: Rita Rizzuti

Nata nel 1994, laureata in Scienze Filosofiche, ho studiato Editoria e Marketing Digitale. Amo leggere e tutto ciò che riguarda la parola e il linguaggio. Le profonde questioni umane mi affascinano e mi tormentano. Difendo sempre le mie idee.