Consiglio provinciale, polemiche tra Lucisano e Russo
Il consiglio che non decide. O meglio, il consiglio che non c’è. Annunciato, programmato e poi annullato, il consiglio provinciale non discuterà, almeno per il momento, della surroga del consigliere Piero Lucisano. E il sindaco di Crosia, Antonio Russo, che da novembre scalpita per rivendicare il proprio diritto di subentrare tra gli scranni dell’assise provinciale, è costretto ad attendere. Le discussioni, finora avvenute sulla stampa, non sono approdate a nulla di concreto mentre i toni rischiano di inasprirsi sempre di più e c’è chi, come Lucisano, minaccia addirittura il ricorso alla carta bollata. Tutto per un posto all’interno del consiglio di un ente che oggi è più che sottodimensionato. Si va verso l’abolizione delle Province e c’è chi ancora fa battaglie per uno scranno. Una questione di principio, si dirà. Ma tant’è! E, per il momento, il presidente sembra proprio non volerne sapere di inserire, o meglio reinserire, il punto all’ordine del giorno. La vicenda, che rischia di diventare un braccio di ferro infinito, va avanti ormai da novembre. Da quando, cioè, tredici consiglieri comunali di Rossano decisero di rassegnare le proprie dimissioni determinando la fine anticipata della consiliatura Antoniotti e il commissariamento del Comune. Tra questi consiglieri, anche Piero Lucisano, eletto a suo tempo nel consiglio provinciale, dove oggi ricopre la delega ai lavori pubblici, edilizia scolastica e impiantistica sportiva. Secondo quanto previsto dalla legge Delrio, la decadenza dalla carica di consigliere comunale comporta di conseguenza, essendo un requisito fondamentale, la decadenza anche dalla carica di consigliere provinciale. Ed è su questo che fa leva il primo cittadino di Crosia, risultato secondo dei non eletti nella lista in cui compariva lo stesso Lucisano. Il primo, per inciso, era l’ex presidente del consiglio comunale di Rossano Vincenzo Scarcello (anch’egli tra i dimissionari di novembre). Ma su cosa fa leva invece Lucisano? Sullo Statuto della Provincia di Cosenza che, contrariamente ai dettami della legge Delrio, consente la prosecuzione del mandato provinciale fino a nuove elezioni. Uno scontro che si consuma a suon di interpretazioni, dichiarazioni, repliche e controrepliche e che, al momento, nessuno è stato ancora in grado di dirimere in maniera definitiva. Ne avrebbe dovuto discutere il consiglio provinciale la scorsa settimana, ma l’ordine del giorno è stato modificato e il punto relativo alla surroga è sparito. Da qui la forte contestazione del sindaco Russo, mentre ha iniziato a prendere corpo un fronte comune dei Sindaci della Valle del Trionto e del Basso Jonio che, solidali con il collega, chiedono un’azione risolutiva da parte della Prefettura. Analoga richiesta era già stata depositata in Prefettura da parte dei consiglieri comunali di maggioranza di Crosia. Per Piero Lucisano, non ci sono dubbi: «La mia carica di consigliere provinciale – afferma – resta in essere, in quanto l’unico ostacolo che determinerebbe la mia decadenza sarebbe la non rielezione nel consiglio comunale alla prossima tornata elettorale», citando, a supporto, lo Statuto della Provincia, deliberato nel gennaio 2015, «approvato all’unanimità dall’intero Consiglio Provinciale e dopo qualche mese approvato anche dall’assemblea dei 155 sindaci della Provincia di Cosenza, compresi i comuni di Rossano, in quell’occasione rappresentato dall’ex assessore Chiarello, e il comune di Crosia con Francesco Russo. Inoltre, va sottolineato – prosegue Lucisano – che ove ci siano lacune nella legge Delrio si demanda al Tuel, che all’art. 141, comma 5, scrive espressamente che “gli incarichi derivanti dalla carica di consigliere comunale non si perdono fino alla sostituzione nelle elezioni successive”». Una spiegazione che non convince Russo, il quale, parlando di una «incomprensibile controversia che non ha alcun fondamento» invita alla responsabilità. E auspica che il presidente Occhiuto convochi il consiglio provinciale e ponga fine a quella che definisce una situazione «di grave illegittimità», poiché «se davvero si verificasse la singolarità di far prevalere uno Statuto provinciale su una Legge che non ha alcun vuoto normativo, come qualcuno sta cercando di far credere, saremmo in presenza – conclude il sindaco Russo – di un paradosso che porterebbe ad un precedente pericoloso e sconsigliabile per il quale tutti gli Enti locali potrebbero modificare i propri Statuti anche contro la Legge». Si riuscirà a sbrogliare questa intricata matassa?