Cefalee, Cosenza e Trebisacce fuori dal piano per far fronte alla patologia
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Rischia di creare un cortocircuito la scelta di escludere dalla rete delle cefalee calabrese alcuni centri. Da anni in prima linea per la cura di questa importante patologia. Già, perché il decreto commissariale 9/2016 lascia senza un ruolo ben definito i reparti di terapia del dolore operanti all’Inrca di Cosenza e all’ospedale di Trebisacce. Il programma operativo 2013/2015 prevede, infatti, come sub articolazione della rete di terapia del dolore, quella per lo studio delle cefalee, già attiva. Formata dal centro di riferimento regionale dell’Azienda ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro e dagli altri ambulatori posti nelle altre province. Nessuno spazio, dunque, per le due strutture. Che a questo punto potrebbero perdere buona parte dei fondi stanziati per ricerche e sostenibilità dei progetti.
CEFALEE, COSENZA DOPO 17 ANCORA FUORI DALLA RETE DI TERAPIA DEL DOLORE
Di più. Il centro di terapia del dolore dell'Inrca di Cosenza è nato come unità operativa complessa nel 2000. E dopo 17 anni non è stato ancora inserito neanche nella rete di terapia del dolore. Pur essendo inserito, tutt'oggi, nel cup provinciale. Una scelta, quella compiuta dai commissari per la sanità calabrese, che ha spinto la Società italiana per lo studio delle cefalee (meglio conosciuta in ambito scientifico con l’acronimo Sisc) a prendere ufficialmente posizione, chiedendo che le dottoresse Assunta Tarsitano e Rita Lucia Trinchi, «algologhe di provata esperienza nel settore delle cefalee, possano partecipare a pieno titolo alla rete delle cefalee in Calabria».
LA RETE IN CALABRIA
In questa regione il numero dei cefalgici nel 2013 è stimato nel 12 per cento della popolazione residente (circa 235 mila soggetti) e l’elevata cronicità rappresenta il 4 per cento (circa 80 mila soggetti cefalgici cronici). Attualmente in Calabria sono operativi, per la diagnosi e la terapia delle cefalee, quattro centri ospedalieri (Catanzaro, Cosenza, Locri e Lamezia) e due servizi territoriali (i distretti sanitari di Acri e Reggio Calabria). Il centro cefalee di riferimento regionale dell’Azienda ospedaliera di Catanzaro, la cui attivazione è stata prevista nel “Piano regionale per la salute 2004/2006”, soddisfa la domanda sanitaria per le cefalee episodiche nel 30-40 per cento e per forme croniche nel 50-60 per cento dei casi. Il resto dei pazienti, spesso, sceglie strutture situate in altre regioni. Contribuendo a irrobustire i dati della mobilità passiva.
Di fronte a tale situazione, dunque, bisognava agire subito. E così, in effetti, è stato fatto. Di più. La Calabria è stata una delle primissime regioni a dotarsi di una rete delle cefalee. Nel piano, che accompagna il decreto commissariale, si fa esplicito rifermento «all’integrazione della stessa rete. Attraverso protocolli definiti e condivisi con la rete di terapia del dolore».
LA NUOVA ORGANIZZAZIONE
Nel masterplan predisposto dal dipartimento Salute della Regione e approvato dai commissari si individuano tre livelli di intervento. Il primo è rappresentato dai medici condotti che si raccordano con gli specialisti neurologi territoriali. Il secondo livello della rete è costituito dallo specialista neurologo ospedaliero. Il terzo, invece, è rappresentato da una struttura autonoma dedicata, con attività continuativa full-time e con personale dei vari profili selezionato con specifiche competenze comprovate. La struttura ospedaliera del terzo livello è anche centro di coordinamento regionale dell’intera rete e ha sede al “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro. Dei centri di terapia del dolore non c’è nessuna traccia.
L’impostazione benedetta da Scura e Urbani prevede per il 2017 la riduzione del 70 per cento dei codici bianchi per cefalea e la stessa percentuale in meno di ricoveri. Numeri impossibili da raggiungere?