Turismo e caro-prezzi: «Così non torno più». 600 euro per un ombrellone (ad agosto) e «una margherita mi è costata 7 euro»
Intervista a un emigrante di ritorno, deluso: «Questa terra ha potenzialità enormi, ma così si rischia il declino». È eviente, c'è qualcosa che non va

CORIGLIANO-ROSSANO - Parlare di turismo è tanta, tantissima roba. C'è chi "insegna" dilungandosi in lezioni cattedratiche, chi sperimenta, chi studia, poi c'è anche chi commenta, chi critica. E alla fine, c'è la realtà. In molti, insomma, parlano dell’andamento turistico nel nostro territorio, ma pochi si soffermano su chi lo vive davvero da dentro, tra aspettative e realtà. Abbiamo raccolto la testimonianza di un turista tornato nella nostra zona per motivi familiari. Il suo racconto solleva interrogativi sul reale stato dell’offerta turistica.
Lei è tornato nel nostro territorio per una vacanza? - «Non proprio. In realtà sono tornato perché ho dei parenti qui. Non avrei scelto questa meta per le vacanze in modo convinto, ma ho voluto approfittare dell’occasione per stare vicino alla mia famiglia»
E com’è stata l’esperienza dal punto di vista dei servizi turistici? «Onestamente? Deludente. Ho preso un ombrellone e due lettini per il mese di agosto e mi sono trovato a pagare circa 600 euro. Una cifra davvero spropositata rispetto alle condizioni della struttura: niente di speciale, anzi... servizi basilari e, in alcuni casi, anche carenti»
E per quanto riguarda la ristorazione? «Anche lì, un tasto dolente. Una sera sono uscito per una pizza e, vedendo i prezzi, mi sono praticamente sentito costretto a prendere una margherita, che comunque mi è costata 7 euro. Tutte le altre pizze erano sopra i 10 euro, alcune arrivavano a sfiorare i 20 euro. E parliamo di un locale "normale", niente di esclusivo».
Ha notato lo stesso problema anche per primi e secondi piatti? «Assolutamente sì. I piatti di pasta costavano quasi tutti tra i 12 e i 18 euro, mentre per un secondo un po’ più elaborato si superano i 20 euro senza problemi. Insomma, prezzi da ristorante stellato, ma qualità e contesto tutt’altro che da alta cucina».
Cosa pensa allora della condizione turistica nella zona? «Mi sembra chiaro che c’è una mancanza di cultura del turismo, di programmazione imprenditoriale. Almeno, io non sono un esperto del settore ma faccio il raffronto con quello che si vede in altre parti della Calabria e d'Italia. E forse - aggiunge - c'è anche poca attenzione alle esigenze reali del turista medio. Si parla tanto di attrarre visitatori, ma poi li si accoglie con prezzi gonfiati e servizi scadenti. È difficile che uno torni. Io, sinceramente, ci penserò due volte».
Secondo lei ci sono soluzioni? «Le ripeto, io non sono un esperto del settore, non sono nessuno per dire qual è la soluzione. Le rispondo sul buonsenso e credo serva più volontà. Bisogna riequilibrare il rapporto qualità-prezzo e iniziare a ragionare in termini di accoglienza, non di sfruttamento. Il turista non è un bancomat: se spende, deve ricevere qualcosa in cambio. Altrimenti, andrà altrove».
Nonostante tutto, lei sembra ancora legato a questo territorio... «E certo che sono legato alla mia terra. E proprio per questo provo amarezza. Perché sono convinto che abbia potenzialità enormi, ma con questo modo di fare non le stiamo sfruttando. Anzi, si sta andando verso un lento, ma purtroppo evidente declino. E dico una cosa che mi pesa: in queste condizioni, è impensabile che una famiglia venga qui a trascorrere le vacanze. È una mia amara constatazione, che spero possa servire da stimolo anche per gli amministratori che probabilmente devono monitorare di più sui prezzi».
Insomma, una testimonianza, come tante e simili raccolte in queste settimane in tutta la Sibaritide e principalmente a Corigliano-Rossano, che mette in luce una criticità strutturale che non può essere liquidata come un episodio isolato. Il nodo centrale non è soltanto il prezzo, ma il disequilibrio sistematico tra costo e valore percepito. Quando il turista — anche quello “di ritorno”, legato affettivamente al territorio — si sente trattato più come fonte di guadagno immediato che come ospite da fidelizzare, il risultato è un circolo vizioso: visite sporadiche, passaparola negativo, progressiva perdita di attrattività.
È chiaro, quindi, che c'è un deficit di visione imprenditoriale e di cultura dell’accoglienza: il turismo non si costruisce gonfiando listini in alta stagione, ma offrendo un’esperienza che giustifichi la spesa, generi soddisfazione e crei il desiderio di tornare. In assenza di questa consapevolezza, l’offerta rischia di restare ancorata a logiche mordi-e-fuggi, che nel medio periodo impoveriscono il tessuto economico e sociale. Anzi, lo demoliscono del tutto a principale discapito - indovinate di chi? - di coloro che a quei prezzi hanno applicato gli ormoni. Perché se perdiamo anche il "turista di ritorno" sotto quegli ombrelloni e ai tavoli non sederà più nessuno!
Se non si agisce su qualità, programmazione e competitività dei servizi, il territorio si condanna a un paradosso amaro: avere potenzialità enormi ma vederle svanire sotto il peso di scelte miopi. E il turismo, anziché motore di sviluppo, diventa un’occasione persa che lascia solo scontrini salati e ricordi deludenti.