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Il limbo e le falle del Nuovo Codice della Strada: «Dopo un mese sono ancora senza patente» 

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CORIGLIANO-ROSSANO – Il nuovo Codice della Strada, voluto da Salvini ed entrato in vigore lo scorso 14 dicembre 2024, inizia a mostrare le sue prime falle. Le pesanti sanzioni sono partite già all’indomani dell’entrata in vigore della legge ma gli effetti controversi iniziano a presentarsi solo ora, col passare delle settimane.

La vicenda che vi raccontiamo riguarda Francesco Pacienza, cittadino altomontese, alle prese con «la burocrazia e l'arbitrio di chi detiene il potere». Pacienza era stato multato un mese fa per l’utilizzo del cellulare alla guida. Una vicenda che avevamo raccontato e per la quale il trasgressore aveva fatto pubblica ammenda. Ora però la sua “punizione” è rimasta nel limbo. L’infrazione, infatti, prevede, tra le sanzioni, anche la sospensione della patente ma la decisione è lasciata alla discrezionalità del Prefetto.

«A distanza di un mese – chiarisce Pacienza - non ho ancora ricevuto alcuna comunicazione sulla durata della sospensione. L'articolo 218 del Codice della Strada è chiaro sui tempi di trasmissione dei documenti al Prefetto, ma nulla dice sui tempi di notifica al trasgressore. Un limbo giuridico in cui il cittadino, già colpevole di un'infrazione, si ritrova a balia di un'attesa kafkiana».

E poi si chiede: «Quali sono i criteri che guidano la "discrezionalità" del Prefetto? L'altezza? Il colore dei capelli? Non pervenuti. Una spada di Damocle sospesa sulla testa dell'automobilista, che rischia di vedersi privato della patente senza sapere né quando, né perché. Mi chiedo, e chiedo: è mai possibile che in un paese civile si debba subire tali angherie?».

A lasciare interdetti è la discrezionalità del funzionario che si teme possa trasformarsi in arbitrio, senza che al cittadino venga fornito alcuno strumento di tutela.

La discrezionalità prevista dalla legge, nel caso specifico, si riferisce alla possibilità per la Prefettura di scegliere la durata della sospensione della patente tra un minimo (15 giorni) e un massimo (60 giorni). Tale scelta dovrebbe essere guidata da criteri oggettivi e trasparenti, legati alla gravità dell'infrazione e alla condotta dell'automobilista.

«Il cittadino, già colpevole di un'infrazione, - spiega Pacienza - si ritrova privato di un diritto fondamentale come la mobilità, senza sapere né quando, né perché. Il silenzio dei parlamentari, di fronte a questa palese ingiustizia, è assordante. Possibile che i nostri rappresentanti si disinteressino dei problemi dei cittadini?».

Infine solleva un dubbio: «Questa situazione è comune ad altre prefetture? È fondamentale verificare – conclude - se questa situazione sia comune ad altre prefetture. Se così fosse, saremmo di fronte a una vera e propria emergenza democratica, dove i diritti dei cittadini vengono calpestati dall'inefficienza della burocrazia e dalla sordità della politica».

Rita Rizzuti
Autore: Rita Rizzuti

Nata nel 1994, laureata in Scienze Filosofiche, ho studiato Editoria e Marketing Digitale. Amo leggere e tutto ciò che riguarda la parola e il linguaggio. Le profonde questioni umane mi affascinano e mi tormentano. Difendo sempre le mie idee.