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Alla Levi mancano aule. Anzi no... ora mancano alla Roncalli. Il disastro delle medie a Rossano scalo

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CORIGLIANO-ROSSANO – Se Sparta piange Atene non ride. Le quattro aule cedute alla Levi a seguito del decreto comunale dell’8 settembre hanno senz’altro dato un po' di respiro agli studenti di quest’ultima, ma hanno creato problemi logistici alla Roncalli. Non è tutt’oro quel che riluce e la situazione degenera quando la toppa è peggio del buco. Così, a neppure un mese dall’inizio dell’anno scolastico, nell’edificio che ha dovuto cedere i propri spazi si fanno rinunce e si studia in luoghi che prima erano adibiti ad altre attività.

La Roncalli decide di interrompere il silenzio e di mettere in evidenza tutti i disagi vissuti in casa propria. «Una classe terza attualmente - fa sapere la comunità scolastica -  svolge le lezioni nella sala docenti, spazio che veniva utilizzato anche per i colloqui con le famiglie oltre che, per la refezione scolastica, per le riunioni e per la biblioteca». Insomma, la stessa aula degli insegnanti dove di solito si correggono compiti, si prepara la lezione e vengono effettuate tutte le attività utili alla didattica, non solo era utilizzata anche come biblioteca e sala riunioni, ma adesso è diventata l’aula di una terza classe lasciando gli insegnanti orfani di uno spazio in cui lavorare quando non stanno facendo lezione. «Siamo obbligati a sostare nell’atrio della scuola tra una lezione e l’altra. Nelle ore buche – fanno sapere -».

Il personale docente e non della scuola in questione denuncia inoltre «la soppressione del laboratorio di informatica, essenziale non solo per le attività didattiche ma anche per l’espletamento delle prove Invalsi. Laboratorio che, nonostante i solleciti, non è stato ancora ripristinato, con grave discriminazione di tutti gli alunni della Roncalli». E intanto dicono dall’istituto che tutti i pc e il materiale tecnologico è accantonato in un magazzino e che lo spazio – che resta in attesa di tornare a funzionare con la sua vocazione tecnologica - non può essere utilizzato neppure come aula perché troppo piccolo.

Nell’elenco delle privazioni figura anche la soppressione del laboratorio multifunzionale, area essenziale per attività inclusive in piccolo gruppo, che sta comportando un grave disagio per gli alunni speciali, e la soppressione del Laboratorio STEM nonostante i fondi investiti. Se l’erba del vicino è sempre più verde in tal caso, quella della Roncalli, sembra perdere colore e forza giorno dopo giorno.

Per la comunità scolastica quelle aule non erano in esubero. Non erano spazi di cui poter fare tranquillamente a meno, tanto che una classe sta studiando nell’aula docenti.

Allora ci chiediamo: ma i tecnici, prima che l’Amministrazione si pronunciasse con il decreto, non hanno fatto dei sopralluoghi per verificare se effettivamente quelle 4 aule potessero servire o meno alla Roncalli che invece è stata costretta a cederle?

Dai corridoi ci dicono che i sopralluoghi si sono fermati solo su quel piano. Su quelle 4 classi del contendere. Che forse non è stato dato un accurato sguardo d’insieme per vedere come era messa tutta la scuola e come erano stati divisi gli studenti in base agli spazi. Anche la Roncalli, come la Levi, in tempi di covid aveva fatto delle modifiche strutturali e rilancia: «perché per recuperare spazio non rialzano quei muri buttati giù per garantire il distanziamento in tempi di pandemia»?

Sebbene si dicano soddisfatti che almeno gli alunni del plesso attiguo possano studiare in maniera idonea nei giusti spazi, ricordano che non esistono studenti di serie A o di serie B e che ognuno dovrebbe risolvere la questione di metri quadri nell’ambito della propria struttura a prescindere dal numero degli iscritti senza trasbordare nelle stanze del vicino.

Ma se l’amministrazione, prima di emettere il decreto, ha fatto tutte le valutazioni del caso, come mai ora la Roncalli ha problemi di spazio?

Valentina Beli
Autore: Valentina Beli

“Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare” diceva con ironia Luigi Barzini. E in effetti aveva ragione. Per chi fa questo mestiere il giornalismo non è un lavoro: è un’esigenza, una passione. Giornalista professionista dal 2011, ho avuto l’opportunità di scrivere per diversi quotidiani e di misurarmi con uno strumento affascinante come la radio. Ora si è presentata l’occasione di raccontare le cronache e le storie di un territorio che da qualche anno mi ha accolta facendomi sentire come a casa. Ed io sono entusiasta di poterlo fare