Trebisacce si ritrova con un ospedale mignon e (ancora) senza sale operatorie
L’atteso piano della rete ospedaliero lascia l’amaro in bocca ai cittadini dell’Alto Jonio: «Il Chidichimo arretra, gli utenti vengono presi in giro mentre questa Amministrazione comunale esulta. Per cosa?»

TREBISACCE – L’ospedale di Trebisacce riapre e, quantomeno sulla carta (ma forse nemmeno), riporta un po’ di equilibrio in più in quella profonda sperequazione di diritti che si era venuta a creare all’indomani dell’attuazione del piano di rientro dal debito sanitario con la soppressione tout-court del presidio. Il nuovo piano Occhiuto assegna 47 posti letto effettivi al “Chidichimo”. Ma è una vittoria di Pirro. Anzi, a sentire bene quelli del Comitato civico dell’ospedale di Trebisacce che da tempo tengono alta l’attenzione sulle sorti del presidio, accompagnandone la lunga vertenza, si tratterebbe di una vera e propria sconfitta. E il perché è presto detto, nella recita di un rosario di cose che proprio non vanno: dai lavori delle sale operatorie che ancora, a distanza di oltre 10 anni rimangono incompiute, per finire, appunto, alla “catalogazione” dell’ospedale che per disposizione del Decreto ministeriale 70/2015 doveva essere configurato come ospedale generale di pronto soccorso e che, invece, si trova ad essere relegato tra gli ospedali di zona disagiata.
Un contentino che fa gridare allo scandalo. «Ad oggi, verso Trebisacce ed il comprensorio tutti sono debitori, anzi omissivi ed omertosi» gridano dal Comitato puntando il dito contro Occhiuto ma anche contro l’Amministrazione comunale trebisaccese e il sindaco Alex Aurelio che, a conti fatti, hanno assistiti inermi, senza battere ciglio a questo «arretramento» e a questa «ulteriore presa in giro per i cittadini di Trebisacce e dell’Alto Ionio».
Ma oltre alla rivendicazione del diritto alla salute, il comitato per l’ospedale è tranciante sulle dinamiche politiche locali. Nel ripercorrere, infatti, le tappe della lunga battaglia di questi anni a sostegno della riapertura dell’ospedale, mette in evidenza, quasi a voler tracciare una linea di demarcazione netta tra il presente e il passato, il ruolo giocato dall’ex sindaco Franco Mundo. Al quale – ricordano – va riconosciuta l’intuizione e la persistenza nell’aver spinto la vertenza della soppressione del presidio fino alla Consiglio di Stato. E fu proprio la suprema corte – ricordano ancora dal comitato - che nel 2015, con sentenza numero 2051 a dichiarare illegittima la chiusura del nosocomio jonico.
«Vi è di più – sottolineano ancora dal Comitato - l’allora amministrazione comunale aveva fatto predisporre nel 2018 il progetto esecutivo per il ripristino delle sale operatorie approvato dall’Azienda sanitaria con delibera del Direttore Generale n° 1031 del 5 giugno 2017 per € 2.357.040,22 compreso arredi e attrezzature, a seguito del quale, è stato disposto con decreto del commissario ad acta Urbani, il trasferimento delle risorse pari a euro 2.600.000 per indire la gara di appalto».
Non solo. Fu anche merito di Mundo – precisano dal comitato – se nell’atto aziendale dell’allora commissario dell’Asp La Regina l’ospedale di Trebisacce risultava come ospedale generale anziché di zona disagiata. Cosa è cambiato nel frattempo?
E andiamo all’oggi. I 47 posti letto di degenza ordinaria riconosciuti dal decreto del commissario ad acta, il numero 198/2023, sono la riprova che in realtà Trebisacce, a differenza – ad esempio – dell’ospedale gemello di Praia a mare, ha subito una profonda regressione rispetto alle premesse. Innanzitutto perché nella precedente configurazione ospedaliera di posti letto ce n’erano 52 (tra medicina, chirurgia e unità operative di cardiologia ed oncologia) ma soprattutto c’erano le sale operatorie che fanno, di fatto, un ospedale.
In altri termini, «la regione non si impegna ad erogare servizi ben codificati nella normativa nazionale (DM 70/2015) e non rispetta quanto esplicitamente ed affermato nelle sentenze del Consiglio di Stato. La sede ospedaliera di Trebisacce non avrebbe così la certezza giuridica – mettono in evidenza dal Comitato - di poter contare autonomamente su alcuni fondamentali servizi medici specialistici nell’arco delle 24 ore che sono previsti per gli ospedali generali sede di pronto soccorso».
E quindi la stoccata all’amministrazione comunale che «Invece di cantare vittoria» dovrebbe «impegnarsi a far valere nei fatti il diritto alla salute, ricordando anche al Presidente della Regione nella qualità di Commissario ad Acta che Trebisacce era già inserito nella rete ospedaliera e che andava promosso a ospedale generale con Pronto Soccorso e non retrocesso».