Eolico/solare in mare: un progetto che vale 1,6 miliardi di euro e 200 posti di lavoro per 30 anni
Raffronti: il più grande cantiere attivo oggi in Italia (la Sibari-Roseto) costa 1,3mld di euro. Un investimento gigantesco al quale, poi, andrebbe aggiunto un ulteriore fondo per la cantierizzazione a terra, forse nel Porto di Co-Ro

CORIGLIANO-ROSSANO – Un miliardo e seicento milioni di euro, tanto vale il progetto del parco eolico/solare offshore per il quale è in corso la procedura autorizzativa presso il Ministero dell’Ambiente e che dovrebbe sorgere a 12 miglia dalla costa antistante il basso Jonio della Sibaritide (tra Corigliano-Rossano e Mandatoriccio). Un progetto dalle proporzioni economiche mastodontiche se si considera che il più grande cantiere d’Italia, oggi attivo, quello della nuova Statale 106 Sibari-Roseto, sta costando allo Stato 1,3 miliardi di euro. Non solo, scendendo nei numeri, anche se al momento sono solo cifre potenziali, l’idea di produrre energia pulita in mare genererebbe un invaso lavorativo importante. Si stima, infatti, che nella fase di cantierizzazione dell’infrastruttura (della durata di tre anni) dovrebbero essere impiegate circa 1500 persone che, poi, dovrebbero assestarsi sulle 200/300 unità nella fase di vita trentennale dell’impianto.
Numeri considerevoli – dicevamo – che sono riportati dettagliatamente nel corposo faldone del progetto preliminare sul quale il Dicastero di via Cristoforo Colombo dovrebbe determinarsi entro i prossimi 60 giorni. Al momento, lo ricordavamo nei giorni scorsi, sono meno di 10 i progetti per l’eolico offshore all’attenzione del Ministro Pichetto Fratin che potrebbero essere messi in esercizio entro il 2030, in quanto esistono già le tecnologie per realizzarli, considerata anche la continua evoluzione a cui è sottoposto il settore. Tra questi c’è anche il parco ibrido (eolico/solare flottante) nel bacino dello Jonio.
Numeri e costi del progetto nel dettaglio
Ritornando ai numeri e all’investimento economico che dovrebbe essere affrontato interamente da un privato (a meno di bonus o incentivi che prevedano la partecipazione pubblica, atteso che le politiche energetiche riguardano un ambito afferente alle prerogative dello Stato), le stime parlano di numeri a dieci cifre. Il più probabile costo di costruzione dell’impianto – si legge nella relazione allegata al progetto - è suddiviso in un elenco dettagliato di cose da fare. La cifra più importante viene assorbita dalle pale eoliche galleggianti che costeranno all’incirca 840 milioni di euro (30milioni l’una se si considera che saranno in tutto 28) per l’acquisto e per la posa in mare. A seguire, in ordine di numeri, ci sono le spese per la posa di oltre 230km di cavi sottomarini (di cui 194km interni allo specchio d’acqua di produzione e 37,5km per la connessione con la costa) per un valore di quasi 330 milioni di euro, e per acquisto, assemblaggio e installazione della grande piattaforma solare in mare con un costo stimato di 216milioni di euro. Solo questi tre elementi portano la spesa a oltre il miliardo e trecento milioni di euro.
Poi, ci sarà da realizzare il sistema di accumulo elettrochimico: una grande batteria che verrà messa in piedi pezzo dopo pezzo, presumibilmente nei pressi del sito Enel di contrada Cutura dove c’è il connettore con l’elettrodotto nazionale di Terna, e che costerà 50 milioni di euro. Circa 500mila euro serviranno per connettere il cavo marino all’accumulatore e altri 400mila euro per creare la connessione finale tra l’accumulatore e la rete Terna.
L’enigma del cantiere onshore
Nella “lista della spesa”, però, non si fa alcun riferimento alla realizzazione dei cantieri onshore, a terra. La previsione di utilizzo di un porto, come ricordavamo nei giorni scorsi, è contemplata ma non ancora definita. Non è sicuro, ad esempio, l’utilizzo del porto di Corigliano-Rossano che pur essendo parte integrante del progetto per la fase di costruzione e assemblaggio degli aerogeneratori, potrebbe avere la concorrenza di altri due scali portuali: Taranto e Crotone. Anche per un utilizzo parziale della fase di cantiere. Perché proprio nelle carte del progetto preliminare si fa riferimento ad un’altra possibilità, quella di “spostare i cantieri”, quantomeno per l’assemblaggio, direttamente in mare con delle piattaforme navali appositamente predisposte. Queste soluzioni sono tutte in divenire e molto dipenderà anche dalla futura concertazione che si avrà con il territorio e che si aprirà una volta acquisiti pareri e autorizzazioni da parte dei ministeri competenti per la successiva fase definitiva del progetto.
Un altro dato, però, appare certo e scontato: se esiste una volontà politica da parte del Governo centrale e regionale di sostenere questo progetto, i tempi autorizzativi e di realizzazione non saranno lunghissimi. Del resto, l’Italia ha bisogno di essere quanto più autonoma possibile sulla produzione di energia, per abbattere costi e sostenere l’economia del Paese. Quindi, è interesse di tutti trovare soluzioni capaci di colmare l’attuale gap. Tradotto per scettici e attendisti: se questo progetto va in porto nelle “teste romane” il territorio dovrebbe cercare di farsi trovare pronto ad una interlocuzione quanto più proficua e attenta, per evitare la solita «imposizione di stampo coloniale». Perché a quel punto diventerebbe più una giustificazione che non una reale argomentazione.