Parco eolico/solare offshore, l’utilizzo del porto di Co-Ro potrebbe essere utile… ma non necessario
Nelle alternative di progetto vengono presi in considerazione anche gli scali di Crotone e Taranto nei quali poter insediare i centri di produzione/manutenzione dell’hub energetico che farà girare un’economia di 1,6 miliardi di euro
CORIGLIANO-ROSSANO – Prende forma sui documenti depositati al Ministero per l’Ambiente e l’energia per la autorizzazioni propedeutiche il progetto del parco eolico/solare offshore che si vorrebbe realizzare a largo di Corigliano-Rossano e della costa della bassa Sibaritide. Dalle “carte” vengono fuori dettagli importanti che riguardano anche tutto quello che dovrà essere il sistema di servizio dell’area di produzione energetica in mare e che, inevitabile, dovrà vedere coinvolte diverse componenti anche a terra. Su tutti, ci sarà bisogno di un porto di servizio.
Fino a qualche settimana fa, quando questo progetto si pensava fosse solo in predicato (un’idea bizzarra difficile da realizzare!), la consapevolezza comune era quella che l’idea fosse stata messa in piedi in funzione del porto di Corigliano-Rossano, al quale l’Autorità portuale di Gioia Tauro tenta da sempre di dare un’identità. Leggendo i documenti del progetto, però, scopriamo che non è così.
Il grande porto della Sibaritide, infatti, viene indicato come area di servizio – e vedremo a breve in cosa consisterebbe questo servizio – per il parco eolico/solare offshore ma non vincolante. L’idea di fondo, messa in piedi dai progettisti della società New Developments con il supporto dell’Unical, mira ad essere realizzata e pertanto, guarda anche ad eventuali possibili veti che potrebbero giungere dal territorio e che quindi potrebbero mettere il “bastone tra le ruote” nella fase realizzativa.
Il giro d’affari che riguarda questo progetto, infatti, è troppo importante per trascurarne i dettagli. La cifra di investimento per la realizzazione di quella che di fatto sarebbe la prima area di generazione di energia pulita in mare aperto mai realizzata nel bacino del Mediterraneo si aggira attorno a 1,6 miliardi di euro per un ritorno economico almeno quintuplicato al termine del periodo di produzione, indicato in un arco temporale che si aggira tra i 30 e i 40 anni. Pertanto serve una strada maestra da percorrere con tappe certe ed eventuali percorsi alternativi per evitare rallentamenti o, peggio, passi indietro.
Un porto a servizio del parco offshore
Per far si che le pale girino in mare è necessaria una preparazione logistica e di assemblaggio delle diverse componenti. È questa un prima fase in cui occorre avere nelle disponibilità una piattaforma a terra nella quale insediare un vero e proprio cantiere di costruzione di aereogeneratori (che una volta assestato il proprio knowhow potrebbe lavorare anche a servizio di altri campi eolici in giro nel bacino del Mediterraneo). Il sito “ideale” per il progetto (e i progettisti), dicevamo, sarebbe appunto la grande darsena di Corigliano-Rossano, sottoutilizzata rispetto alle sue potenzialità (leggi a riguardo anche la posizione dell’Autorità portuale). Ma no l’unica. «In alternativa – si legge nella relazione allegata al progetto - può essere preso in considerazione anche il porto di Crotone (circa 50 Mn dal sito di produzione) ed il porto di Taranto (circa 60 Mn)».
Non solo. «La disponibilità delle aree all’interno dei contesti portuali – si legge ancora negli allegati al progetto - permetterà, nella successiva fase di valutazione, di determinare anche le aree di assemblaggio. Per questo tipo di opera, infatti, è possibile individuare il sito di assemblaggio di parti d’opera in porto o direttamente nel sito offshore limitando l’area portuale alle sole attività di approvvigionamento e stoccaggio».
«L’installazione offshore, infatti, - spiegano ancora i progettisti - è una delle attività in continuo sviluppo. Tant’è che le aziende leader sul mercato, quali ad esempio Cadeler A/R di Copenhagen, stanno sviluppando soluzioni per l’assemblaggio offshore per ridurre l’impatto sull’ambiente delle operazioni». Questa tecnologia, la cui operatività è stimata già dal 2024, porterebbe ad una rivisitazione delle
attuali tecniche di assemblaggio delle grandi turbine offshore a terra. Pertanto, il porto di Corigliano-Rossano, più utile nella fase di assemblaggio, lo diventerebbe meno se la struttura dell’aereogeneratore eolico potesse essere assemblata direttamente in mare nei pressi del sito di produzione.
Il porto nella fase di esercizio
A quel punto, anche i porti di Crotone o Taranto andrebbero bene per le attività successive. Quali? Quelli della cosiddetta “fase di esercizio”, stimata – dicevamo - in 30-40 anni. Al fine di garantire il corretto funzionamento delle opere sarà necessario un appropriato piano di manutenzione delle opere.
Le opere di manutenzione ordinaria e straordinaria richiedono il supporto logistico di un’area portuale a servizio delle specifiche attività di manutenzione durante la vita utile dell’impianto. E gli elementi da sottoporre a manutenzione periodica, quindi con l’impiego di personale, riguardano appunto gli aerogeneratori, le piattaforme fotovoltaiche, gli ormeggi, gli ancoraggi, la piattaforma galleggiante e i cavi marini. Questo per le strutture in mare. Poi ci sono le strutture a terra da manutenere: dal vano di giunzione al cavo terrestre, per finire all’impianto di accumulo e alle opere di connessione all’elettrodotto nazionale.
«Per le operazioni di manutenzione – si legge ancora nelle carte progettuali - serviranno idonei spazi all’interno dell’area portuale individuata che permettano la dislocazione di magazzini di stoccaggio, officine tecnologiche, uffici e servizio. Dovrà inoltre essere individuata un’idonea area in banchina con molo di attracco».
Insomma, soprattutto se le tecnologie di assemblaggio delle pale eoliche offshore dovessero implementarsi, così come sta accadendo, consentendo il montaggio direttamente verrebbe meno anche l’esigenza di avere un porto molto vicino al sito di produzione. Sarebbe una beffa. Perché verrebbe comunque sfruttato un bene naturale del territorio della Sibaritide di cui, però, ne beneficerebbero altri territori.