Schiavonea, 31 dicembre 1974: la più grande tragedia della nostra comunità oggi avvolta da un mare di indifferenza e ipocrisia
Il racconto verghiano di Salvatore Martilotti che visse dal vivo come tanti schiavoneoti quella strage di pescatori: «Mio padre, guardando il cielo e il mare, era preoccupato, ci parlava di minacce “di greco a tramontana”»
di Salvatore Martilotti*
CORIGLIANO-ROSSANO - È dai giorni che hanno preceduto la festività del Santo Natale che il mare è un vero spettacolo, è tutto azzurro con acque cristalline in una esplosione di colori. È un vero incanto! Il mare d’inverno spesso è anche calmo, tranquillo ma a volte è anche imprevedibile, spaventa con tempeste improvvise e diventa un luogo di dolore e di lacrime versate.
E così ritorna in mente quella serata, ritornando da Taranto con mio padre, il quale dopo aver ormeggiato la Santa Rosa al molo peschereccio del mar piccolo con il resto dell’equipaggio, era contento di ritornare a casa per festeggiare la fine e l’inizio del nuovo anno.
Lungo la vecchia strada statale 106 il mare si presentava calmo, ma in lontananza i fulmini aumentavano sempre di più. Mio padre, guardando il cielo e il mare, era preoccupato, ci parlava di minacce “di greco a tramontana” (nord-est) che sarebbero venute dal mare e si sarebbero abbattute, soprattutto, sul nostro litorale. Finalmente arrivammo a casa verso le 21,30 ma già verso le due di notte eravamo tutti in piedi per svuotare l’acqua del mare che entrava in casa.
Intanto aumentava la preoccupazione per due motobarche (I Bancunari e i Nataluni) con a traino due “vuzzi” (barche a remi) che ancora non erano tornati dalle bordate con il conzo (palangari).
Quella sera pioveva in maniera intesa con vento forte e un mare burrascoso che metteva paura a tutta la Comunità del Borgo marinaro di Schiavonea. Tutti erano preoccupati per questi pescatori ancora in mare, nessuno badava al disastro provocato dal mare alle circa 120 imbarcazioni tirate a secco sulla spiaggia antistante il Borgo marinaro.
Certo quel disastro provocato dalla furia del mare provocava un dolore enorme per i pescatori vedere le loro imbarcazioni distrutte. Tuttavia, il pensiero era rivolto a chi ancora combatteva con il mare per far ritorno a casa. Le notizie erano molto frammentate e il buio della notte metteva paura. Alle prime luci dell’alba i pescatori, ma anche le donne e i ragazzi erano tutti sulla spiaggia per cercare di salvare quello che restava delle imbarcazioni.
Per un pescatore la barca è tutto: è la vita! Alla vista delle loro imbarcazioni distrutte ho visto piangere pescatori di tutte le età, e poi le lacrime delle donne dei marinari. All’improvviso qualcuno gridò di aver avvistato una motobarca e tutti a correre per prestare aiuto con le donne che imploravano la misericordia di Dio e pregavano la Madonna e i Santi.
Furono pochi tragici minuti che cambiarono la vita di molti, di una intera Comunità, compreso la mia. Mentre si vivevano questi momenti di paura il mio sguardo andò all’orologio: erano le 7,05 del 31 dicembre 1974, la motobarca “Sant’Angelo” veniva inghiottita dal mare difronte alla spiaggia del Borgo marinaro.
Insieme a famigliari, pescatori e tanta gente del paese ero su questa spiaggia per assistere, inerme, alla più grande tragedia di sempre della nostra marineria. Quattro pescatori (due zii e due nipoti giovanissimi) furono inghiottiti dal mare difronte a parenti e amici, mentre altri sei pescatori persero la vita presso la vecchia foce del Crati e due in mare aperto.
È vero la nostra marineria ha subito in seguito altre tragedie del mare con la perdita di tante altre vite umane, quasi a voler ricordare a tutti che fare il pescatore è un mestiere pericoloso. Ma questa del 31 dicembre 1974 è stata una tragedia terribile che ha sconvolto la vita di tanti. In questa nottata tragica persero la vita dodici pescatori di Schiavonea.
Si salvò solo un mio ex-compagno di scuola, deceduto da non molto tempo. Tutta la flotta da pesca locale subì gravissimi danni, ma a distanza di tanti anni registriamo che i pescatori sono ancora nel mare dell’indifferenza. Il mestiere di pescatore è affascinante, ma spesso questi lavoratori del mare devono fare i conti non solo con la crisi in atto nel settore, l’inquinamento marino, l’eccessiva burocrazia, i divieti irragionevoli, normative obsolete, limitazioni all’uso degli attrezzi, disattenzione della politica e delle Istituzioni, “faccendieri poliedrici”, ma anche con un lavoro duro e rischioso, con le avversità meteo-marine che condiziona sia il lavoro ma anche la vita sociale dei pescatori e delle loro famiglie.
*già responsabile regionale Lega Pesca Calabria