Clementine, «più forza al Consorzio per valorizzare il prodotto»
Parla Giorgio Salimbeni, presidente dell’ente di tutela: «Serve un canale di commercializzazione unitario per aiutare gli operatori»
CATANZARO - Il 2022 per le clementine è stato un anno nel quale si sono registrati significativi cali di produzione, il dato arriva ad un -20% nei contesti territoriali dove, tutto sommato, è andata bene, altrove la diminuzione ha invece raggiunto quota 35/40%. È partendo da questi dati, con la consapevolezza che la parte maggioritaria di produzione italiana (70% circa) si concentra su 20mila ettari nella nostra regione, che gli ultimi giorni dell’anno sono senz’altro quelli utili per sviluppare una rigorosa e schietta analisi sul comparto.
A farla è Giorgio Salimbeni, Presidente del Consorzio di tutela delle Clementine di Calabria Igp.
«Il 2022 – spiega Salimbeni – è stato un anno assimilabile a tutti gli altri, fortemente condizionato dall’andamento climatico; come è noto non siamo un’industria propriamente detta ma un’attività che si sviluppa a cielo aperto con il 95% dei fattori di produzione che sono di tipo pedoclimatico. Avendo avuto siccità estiva e piogge a novembre le condizioni non sono state affatto semplici».
Un contesto climatico che ha avuto, dunque, effetti immediati sui volumi «diciamo – sottolinea Salimbeni – che è stata un’annata di produzione medio-bassa, non ci sono dati definitivi non avendo ancora a disposizione i numeri dei confezionatori ma di certo si può dire che abbiamo riscontrato difficoltà, che peraltro stanno aumentando di anno in anno».
Se la produzione, dunque, presenta questo tipo di difficoltà, sul fronte della commercializzazione l’analisi del Presidente del Consorzio di Tutela delle Clementine è ancora più articolata, con un approccio che guarda anche al futuro «la commercializzazione è in capo ai soggetti economici che sono i confezionatori ed è ancora presto per poter dire se il prezzo è aumentato o diminuito. Di certo la produzione italiana quando è presente, al di là del dinamismo spagnolo, non subisce alcun tipo di pressione, le grandi catene hanno tutte il prodotto italiano. Il problema – aggiunge Salimbeni – è legato semmai alla declarazione di origine che spesso si trasforma in una sorta di esercizio di stile perché se ad un Consorzio vengono date tutte le attività di promozione ma non c’è la commercializzazione risulta poi difficile valorizzare compiutamente il prodotto. Faccio un esempio concreto, è stato concesso ai Consorzi quello che definisco un “pannicello caldo” e cioè regolare i flussi di vendita come accade – ad esempio – per i salumi e i formaggi con una differenza sostanziale e sottovalutata, noi infatti abbiamo un prodotto deperibile che non può essere trattenuto ed dunque regolato nell’immissione sul mercato».
Non ha dubbi Salimbeni sul fatto che il correttivo fondamentale debba essere quello della commercializzazione in capo proprio al Consorzio di tutela: «Noi abbiamo 20 operatori che stanno sul mercato e che per forza di cose sono antagonisti, se ci fosse uno schema unitario e un canale di commercializzazione unico sarebbe possibile valorizzare realmente il prodotto. Noi – prosegue Salimbeni – sulle clementine abbiamo un monopolio produttivo ma di fatto è un oligopolio competitivo che forse limita le capacità di remunerazione di tutti, in più la concorrenza rischia di essere fatta all’interno quando invece si potrebbe essere protagonisti più uniti e conseguentemente più forti all’esterno».
Il Presidente del Consorzio di Tutela indica, a titolo di esempio, quanto realizzato dai produttori della patata «lì c’è un’associazione di produttori ed una Op di commercializzazione, di fatto è stato creato un monopolio che garantisce prima dell’inizio della campagna un minimo di liquidazione e poi sta al Consorzio valorizzare. In realtà, conclude Salimbeni, non dovremmo inventarci molto».
fonte corrieredellacalabria.it