Gianfrancesco Sapia: insegnante
Nessuno dei suoi allievi, oggi, lo lascerà andare solo nell'ultimo viaggio che ci è dato nell'esperienza terrena. I ragazzi si sono uniti, si sono organizzati anche a chilometri di distanza e si ritroveranno in un'unica classe davanti al loro prof
CORIGLIANO-ROSSANO - Si può essere immortali? A questa domanda è bene sbilanciarsi all'ultimo. Prima c'è la vita, quella che non si identifica nella leggerezza di tutti i giorni. Ha a che fare con l'unico luogo al mondo in cui si cresce, in cui si diventa ciò che si è. Quel posto è la scuola e ha due protagonisti: i ragazzi e le guide.
Professore è parola arcaica, è sinonimo di distanza, con la spocchia di libri impolverati e di pensare pensieri pensati da altri. L'Insegnante si adopera in un altro mestiere. È un ruolo che si declina con il senso stesso di segnare, di incidere e di marchiare qualcuno, un ragazzo, una ragazza. Se è svogliato o scapestrato meglio ancora. Insegnare proprio e soprattutto a loro perché è come costruire granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito.
Gianfrancesco Sapia non era solo un insegnante, era un animal grazioso e benigno. Lo era come Dante e come tutti i Principi dello spirito, coloro che hanno a che fare con la letteratura e la sofferenza, il sacrificio e l'irriducibile. Animal grazioso e benigno è tale perché Paolo e Francesca, come due colombe, si avvicinarono a Dante e capirono che avevano di fronte un'anima totalmente diversa dalle altre. Gianfrancesco Sapia era soprattutto questo. Ai ragazzi non scappa nulla, mai.
Ognuno di noi, ex alunni presenti e passati, hanno degli aneddoti, dei racconti e dei ricordi. Le gite con Sapia erano un atto di fede nei confronti dei ragazzi, un'autonomia che faceva crescere. La erre moscia e delicata nelle lezioni perché "è da nobili monegaschi". Nessuno dei suoi allievi, oggi, lo lascerà andare troppo solo in questo ultimo viaggio che ci è dato nell'esperienza terrena. I ragazzi si sono uniti, si sono organizzati anche a chilometri di distanza e si ritroveranno in un'unica classe davanti al loro professore. Ognuno di loro avrà fatto una promessa, si saranno dati appuntamento per quel viaggio che viene dopo. Molti di loro lo ritroveranno nei libri, nel presente spogliandosi del loto e del fango vestendo con abiti reali e curiali.
La vita umana è breve e tutti vorrebbero vivere per sempre. Alla prima domanda sull'immortalità, infine, una risposta esiste.
Sì.
Chi segna e insegna non ha altro destino. Salta il purgatorio, cammina sul Lete e sull'Eunoè e viene ammesso immediatamente in Paradiso. Chi lavora nelle classi ogni giorno salva e migliora delle vite. Ma a quei ragazzi bisogna volere bene. Sapia lo sapeva fare, quanto amore ha lasciato per strada... Sarà immortale perché ci sono ex alunni che insegnano la Divina Commedia con gli appunti presi durante le sue lezioni. Per il resto ci può pensare solo l'uomo: lo Scientifico di Rossano non ha un nome. Quel bellissimo e monumentale edificio, sede di sogni e speranze, merita di portare il nome del migliore professore rossanese della nuova generazione.
Alla fine della gita del quinto ci hai detto che dovevamo essere dei fiori sui balconi per abbellire le strade del mondo. Questa frase la utilizzo ogni volta che saluto una classe. Infine due cose: forza Inter e, nonostante sia stato tuo alunno solo per un anno, anche grazie a te insegno nel posto più bello del mondo, quello più vicino al Paradiso: la scuola.