La bomba del dissesto idrogeologico innescata nel torrente Grammisato
L’alveo del torrente è stracolmo di detriti, la vegetazione ha coperto gli argini: il corso d’acqua non si vede più. Una bomba d’acqua potrebbe produrre danni enormi. Quel torrente è del demanio ma nessuno muove un dito per ripulirlo
CORIGLIANO-ROSSANO – Il 27 novembre 2020 avevamo portato le telecamere dell’Eco dello Jonio a raccontare le condizioni di vita di una delle contrade baricentriche di Corigliano-Rossano. Eravamo stati in contrada Vallato, ospiti di Enza Barone, una donna combattiva e senza resa che insieme alla sua famiglia vive in quelle campagne (puoi rivedere il servizio qui). La loro vita, legata a doppio filo con il torrente Grammisato (conosciuto anche come Cino piccolo), uno dei tanti corsi d’acqua che taglia longitudinalmente il territorio della grande città della sibaritide da monte fino al mare, e che scorre a poche centinaia di metri dalla loro abitazione. Durante l’alluvione del 2015 quel torrente aveva devastato tutte le colture di quella zona, agrumeti per lo più e messo a rischio la casa di Enza. Un primo superficiale intervento di pulizia e poi nulla più. Le acque, spinte da acquazzoni più o meno intensi, hanno continuano a trasportare detriti. Altre volte la fiumara ha minacciato seriamente di rovesciare tutta la sua forza distruttiva nei terreni circostanti. L’ultima volta lo fece proprio nell’autunno del 2020. Eppure, anche in quella circostanza ci furono promesse e rassicurazioni ma d’interventi per ripulire il corso d’acqua non se ne sono visti.
Oggi siamo ritornati in località Vallato per constare le condizioni del torrente Grammisato. E le immagini fanno paura. Il torrente non si distingue più. Al suo posto, invece di un letto di ghiaia, pietre e sabbia, si vede una folta striscia di vegetazione incolta, larga all’incirca 30 metri e che separa gli agrumeti dell’una e dell’altra sponda. È così a perdita d’occhio, dal ponte di Toscano Joele fino al mare.
Abbiamo contattato il Consorzio di Bonifica di Trebisacce per sapere se fossero in programma interventi di bonifica. I tecnici dell’ente consortile hanno risposto che quel corso d’acqua non è di loro competenza. Potrebbero intervenire per attività di bonifica? «Sì - ci risponde un funzionario del Consorzio dei Bacini dello Jonio – solo se venissimo incaricati dagli enti preposti». E chi sono gli enti preposti? «Quel torrente, come tanti altri che scorrono sul territorio sono di competenza demaniale» ci dice il tecnico del Consorzio di bonifica. Quindi dello Stato, pertanto ne ha l’egida la Regione Calabria. Qui però sono anni che non si vede un operaio di Calabria Verde, tantomeno della Protezione civile. Insomma, è terra di nessuno. Non sappiamo se il Comune di Corigliano-Rossano abbia sollecitato qualche intervento. Del resto, a rischio c’è la vita dei cittadini ed il loro lavoro.
Il Grammisato, così come anche il Coriglianeto (il letto del fiume non esiste più e l’alveo è arrivato ormai a coprire gli argini), il Malfrancato (qui addirittura dentro hanno realizzato degli agrumeti), o ancora i torrenti Acqua del Fico, Fellino e Momena (ne abbiamo parlato qui), sono bombe da dissesto idrogeologico pronte ad esplodere da un momento all’altro. In pomeriggi come questo odierno, con i cieli plumbei, l’eco dei tuoni in lontananza e l’odore della pioggia nell’animo delle persone sale un sentimento di terrore e paura. Perché tutto potrebbe precipitare da un momento all’altro.
Ma, inerzia della Regione (e anche del Comune) a parte, c’è un problema concreto ed un ostacolo imponente che rende difficilissimo l’intervento sui fiumi. È la normativa vigente, anzi le normative nazionali (la legge 490/99 o ancora la più famosa legge Galasso sulla tutela dei beni paesaggistici) e le normative regionali. Un dedalo di articoli, comma e lettere che non rende impossibile intervenire sulla pulizia e sullo svuotamento dei corsi d’acqua dai detriti ma sicuramente trasforma questi interventi in azioni difficilissime e a costi salatissimi. Si calcola, ad esempio, che nei soli torrenti che solcano il comune di Corigliano-Rossano, quelli principali, ci siano 2,5 milioni di metricubi di materiale inerte in surplus rispetto a quelli che i bacini ne contengono naturalmente. Per estrarre questo materiale servirebbero una marea di autorizzazioni ma anche un quantitativo ingente di denaro per svuotare i corsi d’acqua, abbancare il materiale in altro sito e infine caratterizzarlo. Insomma, un’impresa gigantesca.
Nel frattempo, però, il territorio rimane nella morsa di un dissesto idrogeologico che proprio non si riesce a risanare e la gente aggrappata al terrore di una memoria che è pronta a ripetersi, con maggiore violenza.