Dal Patire al Rinacchio quella “strada di nessuno” che grida vendetta da 21 anni
In un luogo benedetto da Dio e maledetto dagli uomini le strade rimangono nel totale abbandono e nelle voragini dell’asfalto crescono i fiori di campo. Per raggiungere luoghi magnifici non servono autostrade ma sicuramente servono strade
CORIGLIANO-ROSSANO – «I luoghi belli, curati e degni di attenzione vengono raggiunti dalle persone anche con sacrificio». Per voler parafrasare e interpretare il pensiero dell’assessore alla Cultura del comune di Corigliano-Rossano, Alessia Alboresi, scaturito da un ragionamento molto più ampio nel contesto della due giorni di studio sul Patire, siamo andati a ripercorrere le strade del turismo. Quelle che portano proprio fino alle bellezze di quel complesso monastico divenuto emblema di Corigliano-Rossano. E se è vero che per arrivare in Costiera Amalfitana o nella Selva di Val Gardena il turismo di massa non ha a disposizione grandi vie di comunicazione come autostrade e ferrovie ad alta velocità, è vero anche che per arrivare al Patire il turista non ha a disposizione nemmeno una viabilità minima.
Nei giorni scorsi era stato il consigliere provinciale Salvatore Tavernise ad incalzare il presidente della Provincia, Rosaria Succurro, affinché l’ente provveda al ripristino e alla riqualificazione della strada provinciale 194 “Pathirion”, che da contrada Piragineti conduce fino all’Abbazia, carente di manutenzione e messa in pericolo da continui eventi di degradazione e dissesto idrogeologico (ne abbiamo parlato qui).
La provinciale 194, però, “si ferma” al Patire. Da lì in poi ci sono altri 7 kilometri di strada che conducono ai millenari Giganti dell’oasi Wwf di Cozzo del Pesco, un querceto di straordinario valore che sta rischiando l’estinzione per mancanza di interventi (ne abbiamo parlato qui), e quindi al Rinacchio che sono in preda al totale abbandono e rappresentano un rischio per chiunque la transiti.
È una delle strade “figlie di nessuno”. Che si possono transitare entrando nell’entroterra della Calabria. Un’altra, ad esempio, è la Longobucco-Macrocioli (ne abbiamo parlato qui) o la Rinacchio-Palombara. Sono vie che non risultano in un alcun registro stradale comunale né provinciale o regionale, tantomeno statale. Vennero costruite a partire dagli anni ’60 dagli instancabili operai dell’allora Opera Sila per agevolare gli spostamenti dell’economia agricola tra l’entroterra e la costa e con il tempo sono diventate anche strumento di comunicazione per il turismo. Questo fino a quando l’ente dei lavoratori dei boschi è rimasto in vita. Poi il nulla cosmico. Quelle strade sono finite nel dimenticatoio.
Ritornando a quei 7 km che dal Patire conducono al Rinacchio passando per Cozzo del Pesco, abbiamo una certezza: gli ultimi lavori di manutenzione su quella strada montana esposta a intemperie e a forti escursioni termiche, non si fa manutenzione da ben 21 anni. Lo sappiamo grazie a Fabio Menin, già presidente del Wwf Calabria che già il 3 agosto del 2016, attraverso una nota inviata all’allora sindaco di Rossano Stefano Mascaro, denunciava le condizioni di quella strada.
Essa versa in condizioni pietose… e soprattutto vi è grave rischio per l’incolumità di chi la percorre. Infatti in alcuni tratti in curva per evitare le buche profonde 30 cm specie se di notte si è costretti a fare una brusca manovra cheti può portare anche fuori strada nel burrone… Da un punto di vista amministrativo è una strada che viene contesa tra Regione Calabria, Comune e provincia di Cosenza, fu realizzata infatti con fondi della provincia e con la manodopera fornita dagli operai dell’allora Asfd poi Afor, ora Calabria verde, ma anche il comune di Rossano avanza una competenza. Insomma è la strada di nessuno, per il momento: purtroppo d’estate è frequentata da migliaia di visitatori che si recano in visita all’abbazia del Patire, che, ricordiamo è la seconda chiesa bizantina Dalla Calabria per importanza storica dopo la cattolica di Stilo. (continua a leggere il testo integrale della nota)
Questo è quello che scriveva Menin dando maggiore vigore alla denuncia che già in quell’estate del 2016 aveva lanciato l’allora presidente dell’associazione Pathirion, Vincenzo Figoli (ne abbiamo parlato qui). Fu l’ultima volta in cui le sorti di quella strada tornarono al centro dell’agone politico e sociale della città. Poi di nuovo il silenzio, il nulla… le campagne elettorali e null’altro.
Per rendere l’idea dello stato dei luoghi e di un abbandono ormai consolidato e stratificato ci sono le immagini che parlano chiaro. Innanzitutto la Natura si è ripresa quello che un tempo era suo: alcune voragini che si sono venute a creare in quello che resta della carreggiata si sono riempite di vegetazione. È sicuramente affascinante e singolare vedere che nelle buche, ad esempio, sono nati i primi fiori di campo primaverili se non fosse che quella strada, con una doverosa manutenzione, potrebbe essere un collegamento turistico nevralgico e veloce tra la costa Jonica e la Sila grande.
Insomma, anche in questo caso si evidenzia una mancanza totale di visione sulle potenzialità di questo territorio: baciato da Dio e maledetto dagli uomini. E se è vero – come è vero – quello che dice l’assessore Alboresi, che un luogo incantato lo si raggiunge anche con sacrificio, è altrettanto vero e reale che il sacrificio non significa teletrasporto. Perché oggi su queste strade si può “viaggiare” solo con l’immaginazione… o con un mezzo corazzato!