Dalla Calabria all'Ucraina per salvare il figlio adottivo: «Aveva paura di perderci per sempre»
Scansando le bombe, con tanto coraggio e una mole di carte di tribunali ucraini e italiani da mostrare ai posti di blocco papà Giovanni ha raggiunto il piccolo Basyl. La mamma, Mariantonietta: «Pizza e coca-cola al suo rientro»
CALABRIA - Dalla Calabria all'Ucraina, passando per Catania, per prendere il proprio figlio adottivo in orfanotrofio e portarlo definitivamente a casa. Scansando le bombe, con tanto coraggio e una mole di carte di tribunali ucraini e italiani da mostrare ai posti di blocco. È la domenica di Pasqua, Giovanni Bonarrigo, cancelliere al tribunale di Palmi, 55 anni, da Lamezia Terme raggiunge Cracovia in aereo, poi il viaggio continua fino alla sosta nel villaggio di Brovary, a sud ovest di Kiev: «Abbiamo attraversato Leopoli dove due volte è suonata la sirena d'allarme, c'erano bombardamenti in corso, lungo la strada carcasse di carrarmati russi, i sobborghi a Sudovest di Kiev interamente distrutti, almeno 15 i checkpoint di controllo».
Poi gli ultimi 287 chilometri percorsi in cinque ore prima di raggiungere l'istituto di Chereshenky, dove ad attenderlo c'era Basyl, il figlio adottivo di cui la pratica per il nulla osta si è conclusa il 9 marzo. Una storia che fa invidia a "La strada" di McCarthy.
Da Catania, dove atterreranno, arriveranno così a casa a Melito di Porto Salvo dove ad aspettare con il fiato sospeso è rimasta mamma Maria Antonietta: «Festeggeremo con pizza margherita con wurstel, patatine, ketchup e Coca- Cola. Una cena solo per noi tre», racconta la donna commossa che non vede l'ora di riabbracciarli.
Il piccolo Basyl che era stato lasciato dai genitori naturali in orfanotrofio due anni prima, inizia così ad entrare nei cuori e nella vita della coppia calabrese. Tra gite al mare o in montagna i momenti di quotidianità tra loro tre sono suddivisi in due periodi all'anno, per le vacanze estive e durante il periodo natalizio. Fino a marzo 2020 quando con l'inizio della pandemia vengono sospesi tutti i programmi di accoglienza riservati ai bimbi ucraini: «Sono stati due anni difficili, considerando che avevamo iniziato il lungo iter burocratico con la prima istanza di adozione nel 2016 e soltanto nell'aprile del 2020 Basyl è stato dichiarato adottabile dalle autorità ucraine».
A causa del Covid molti dei documenti necessari per l'adozione scadevano: «ad esempio il mio certificato di sana e robusta costituzione» e dopo aver concluso il lunghissimo iter burocratico Giovanni e Maria Antonietta, con i biglietti già acquistati, si vedono slittare l'udienza definitiva per l'adozione fissata per il 24 gennaio 2022 davanti al tribunale di Korop. Ma il giudice è positivo al Covid e quindi si posticipa ancora, fino al 4 febbraio: «In quell'occasione l'abbiamo potuto vedere solo per pochi minuti, adesso finalmente possiamo riabbracciarlo», racconta Bonarrigo che ha poi dovuto aspettare altri 30 giorni lavorativi, i tempi tecnici per l'esecuzione della sentenza, per diventare finalmente papà.
«L'adozione è così diventata effettiva soltanto il 9 marzo, con la guerra iniziata da un paio di settimane e l'orfanotrofio che non avrebbe mai lasciato andare via il ragazzino se non con la presenza dei suoi genitori adottivi». Nell'attesa di capire cosa fare «con il vivo interessamento del ministero degli Esteri e della commissione per le adozioni internazionali» Basyl e i suoi genitori italiani si salutano ogni giorno con le videochiamate. «Era terrorizzato dalla guerra, faceva fatica persino a parlare, aveva paura di perderci per sempre».
(Fonte la Alessandro Puglia, la Repubblica)