1,10,100 banchine crocieristiche: a che servono se non abbiamo una visione di turismo e di mobilità?
Quelli provenienti dal mercato crocieristico sarebbe “soldi facili” se solo si sapesse creare un concetto di accoglienza vero, organico, ricco di proposte. Le compagnie ci “scansano” perché non abbiamo nulla da offrire. Paradossale ma vero!
CORIGLIANO-ROSSANO – Il Museo del Codex. Il Museo della Liquirizia. Il Castello Ducale. Il Patire. I Giganti di Cozzo del Pesco. I centri storici di Corigliano e Rossano. Le miniere aurifere di Longobucco. L’Arberia e la cultura Arbereshe. Le Gole del Raganello a Civita. La Tomba Brettia a Cariati. Le Pietre dell’Incavallicata a Campana. E poi – ancora – il parco archeologico di Castiglione di Paludi… e quello di Broglio a Trebisacce. La grande Sibari ed il suo museo. Un patrimonio inestimabile che se traslato in un qualsiasi altro angolo del mondo civilizzato non sarebbe diviso da punti ma da virgole oppure vissuto tutto d’un fiato. Tant’è che questo patrimonio, quello della Sibaritide, sui mercati turistici dei grandi numeri, come quello delle crociere, non vale praticamente nulla. Incredibile ma vero.
Nell’arco di dieci anni saranno state poco meno di 50 le grandi navi da crociera che hanno fatto approdo nella grande darsena di Corigliano-Rossano, nessuna compagnia, però, sembra essere rimasta davvero soddisfatta per questa tappa nel cuore della Magna Graecia. I crocieristi non si entusiasmano, preferiscono più una passeggiata sul lungomare di Cefalonia in Grecia a guardare le tartarughe piuttosto che un passaggio nei fiordi di Kotor in Montenegro e non sbarcare qui, nella Calabria del nord est. Se non fosse stato per l’ingegno, la lungimiranza e la passione verso questo territorio messe in campo da qualche tour operator che lavora sul nostro territorio probabilmente quelle poche rotte crocieristiche su Corigliano-Rossano nemmeno ci sarebbero state.
E non c’entrano nulla nemmeno gli stereotipi che legano la nostra regione ad un destino infame. No, in questo caso proprio no. A fare la differenza in questa specifica condizione è il livello di marketing del turismo che produce quest’area della Calabria: che è pari a zero. Non se ne voglia alcuno, ma qui in quanto a “vendita” della nostra cultura, delle nostre tradizioni, del nostro patrimonio proprio non siamo capaci. O almeno fino ad oggi non abbiamo dimostrato il contrario.
Una volta c’era la “scusa” che Corigliano e Rossano, i due motori trainanti del territorio, viaggiassero con mire differenti e con politiche non dialoganti l’una con l’altra (anche dal punto di vista turistico). Ora che l’algoritmo di programmazione è unico, con un’unica città, medesime aspettative ed un’unica amministrazione civica le cose non sembrano andare meglio. Anzi, diciamo pure che stanno precipitando lungo un dolce declivio. E l’analisi è tracciata proprio dalle (non) priorità.
Ritorniamo al discorso del mercato crocieristico, quello che potrebbe fruttare soldi, tanti soldi “facili” al territorio e, causa il mantenere punti invece che virgole tra i diversi marcatori identitari e distintivi della sibaritide, non riusciamo a sfruttare.
Qualcuno (gli amministratori comunali, qualche deputato e consigliere regionale) nei mesi scorsi ci ha persuaso del fatto che avendo, presto (entro il 2026), un nuovo terminal crociere nel porto di Corigliano-Rossano saremo finalmente una delle grandi tappe dello ship tourism del Mediterraneo.
Non è vero. È una balla colossale.
Perché ci sono altri angoli del nostro Mare Magnum che non hanno nemmeno un porto eppure le navi da crociera attraccano e fanno la fila per farlo. Perché la differenza, manco a dirlo, non la fa il mare quanto le opportunità che si trovano a terra.
Che senso ha fare le battaglie per una banchina crocieristica se poi continuiamo a volere strade da terzo mondo? Che senso ha “sponsorizzare” progetti di ammodernamento della Statale 106, fantasmagorici e mai realizzabili, che non mettono in connessione il porto con il resto del territorio? Che senso ha costruire una bella ed accogliente stazione crocieristica se per raggiungere Civita, piuttosto che Longobucco o San Demetrio Corone occorre il doppio del tempo della durata di sosta della nave? Che senso ha voler accogliere i turisti del mare per poi offrirgli “escursioni-spezzatino” che, appunto, non entusiasmano, non emozionano e non valgono il prezzo della crociera?
E questa è solo questione di mentalità e visione.
Avere una mobilità di terra veloce (e non fantasiosa) e allo stesso tempo uno sguardo d’insieme del patrimonio artistico-culturale-paesaggistico dovrebbe essere una priorità di chi governa questo territorio.
Basti pensare che non siamo ancora capaci di mettere a sistema, fuori dalle mura del suo museo dove è custodito con sapienza e professionalità (almeno questo!), un patrimonio come il Codex Purpureus Rossanensis. Un attrattore che si venderebbe da sé, considerato che è l’unico monumento Patrimonio Unesco presente in Calabria, ma che manca di ogni attenzione strategica da parte delle Istituzioni. Cosa ad esempio? Una segnaletica plurilingue. Piccolezze, sciocchezze che fanno la differenza.
“Vendere” solo il parco di Sibari quando in 8 ore (tanto dura in media un’escursione crocieristica) si potrebbero vedere, Castiglione di Paludi, la Tomba Brettia di Cariati, Broglio di Trebisacce e quindi avere una visione d’insieme della magnificenza archeologica della Sibaritide, ha sicuramente più appeal per un turista. Fare un percorso del gusto che parte da Civita e arriva a Longobucco è un prodotto che non ha valore sul mercato. Promuovere un’avventura nella natura che va dalle Gole del Raganello per finire ai giganti di Cozzo del Pesco passando per le Grotte di Sant’Angelo a Cassano, quanto vale? Tantissimo.
Ma chi lo fa? Chi ancora si ostina a pensare che il turismo sono quattro eventi messi in fila per accontentare i residenti di Sant’Angelo o Schiavonea o dei due centri storici? Siamo al neolitico, lontani, anzi lontanissimi, da quelle che sono le nuove mire del turismo. E come sempre (forse) arriveremo ultimi e tavola vuota, addossando colpe sui grandi sistemi dello Stato senza mai mettere in discussione la totale assenza di programmazione, di visione, di capacità che stanno tutte dentro a casa nostra.