Calabria ultima per vaccini, ma è il male minore. Servono medici per la campagna di immunizzazione
Per somministrare le dosi del medicinale vengono utilizzati medici presi dai reparti o dal 118 (già carichi di lavoro). Che fine ha fatto il bando di Invitalia? E gli imboscati?
CORIGLIANO-ROSSANO – Trentasei giorni, tanto è passato dal V-Day, dal giorno in cui in Italia è scattata l’operazione vaccino anti covid con circa 2,3 milioni di dosi a disposizione (1,25 milioni Pfizer – 50mila Moderna). All’appello mancherebbero ancora 3,5 milioni di dosi per chiudere entro marzo la fase uno del piano vaccinale, rendendo immuni circa 6 milioni di italiani.
Numeri, solo numeri, tanti numeri che, però, cozzano con l’amara realtà della penisola italica e, soprattutto, con la Calabria.
Dopo un più di un mese dall’inizio della campagna di immunizzazione nella nostra regione sono state somministrate solo 43.555 dosi (dati aggiornati ad oggi) su una fornitura totale di 62.680 dosi. Significa il 69,5%, pochissimo rispetto al piano da guerra che doveva essere messo in atto per la Calabria. Già perché nel territorio italiano più carente di strutture e servizi sanitari e dove il diritto alla salute è riconosciuto solo fuori dai suoi confini (quello per la migrazione sanitaria continua a rimanere il capitolo di spesa più alto in assoluto per la cittadella di Catanzaro), il vaccino era e resta l’unica arma possibile per combattere il virus.
Invece, rimaniamo insieme alla Liguria l’ultima regione d’Italia in quanto a somministrazione. E, di fatto, per quanto ne possano dire dalla Regione, dietro a questo dato non c’è alcuna strategia se non il fatto conclamato che la Calabria è senza medici e senza strutture. E tutto tace.
Sì, perché il piano di assunzioni straordinarie per reclutare medici vaccinatori rimane ancora una fumosa intenzione. Mentre i vaccini si continuano a fare con il personale che si riesce a reclutare nelle strutture ospedaliere, già di per sé oberato e carico di lavoro. Eppure i medici ci sarebbero. Innanzitutto ci sarebbero tutte quelle figure mediche che rimangono “imboscate” nelle strutture amministrative per mille e uno questioni o scorciatoie burocratiche. Si potrebbe chiedere a loro (se ancora ricordano come si tiene una siringa in mano) di scendere nel “campo di battaglia” della vaccinazione.
Ma se non si vuole scomodare lorsignori si potrebbe sempre attingere tra quanti hanno manifestato la volontà di prestarsi a somministrare il vaccino. C’è il bando di Invitalia pubblicato nell’autunno scorso che, almeno in Calabria, sembra non aver sortito ancora alcun effetto. Dicevamo, i sieri di immunità continuano ad essere inoculati da medici arruolati tra i reparti e dal 118. Già, proprio da quel personale SUEM che continua a lavorare da quasi trent’anni da precari a servizio della sanità pubblica regionale. Altro nervo scopertissimo della nostra regione.
Anche sul fronte dell’emergenza i sanitari sono sempre di meno ed il Covid ha fatto la sua parte uccidendone due in Calabria (uno in provincia di Cosenza) e debilitandone una decina. Risultato: le postazioni di primo soccorso sono sempre più sguarnite e le ambulanze continuano ad intervenire, ormai di sovente, con a bordo solo un infermiere e l’autista.
Eclatante quanto accaduto qualche giorno fa a Corigliano-Rossano con un cittadino colto da arresto cardiaco e soccorso, appunto, da un’ambulanza del 118 senza medici.
Insomma, una Calabria che continua a rimanere con ospedali chiusi, con pochissimi medici in corsia e tantissimi negli uffici, senza la benché minima idea di cosa succederà domani. Campiamo alla giornata.