2 ore fa:Tra “pini figliastri” e pesanti accuse di peculato scivola il primo consiglio comunale ostico sul bilancio
2 ore fa:La Uil rivendica i diritti dei "lavoratori fantasma" dell'Unical: «Basta spettri nell’Ateneo
26 minuti fa:Domani la presentazione del logo e del progetto "De. Co. Cariati"
4 ore fa:Il Natale nella Sibaritide è sempre più identitario
2 ore fa:Trebisacce, presentate le borse di studio della Fillea Cgil Calabria dedicate ai morti sul lavoro
56 minuti fa:"L’altro Corriere" Tv sbarca su "Il Globo TV", la piattaforma streaming per gli italiani all’estero
1 ora fa:Il martirio dei Fratelli Bandiera, memoria e luoghi del sacrificio in Calabria
5 ore fa:Mandatoriccio: le festività natalizie proseguono all’insegna della solidarietà e della identità
4 ore fa:Associazione scacchi Rossano: sei anni di grandi successi
3 ore fa:Cataldo Scarpello è il nuovo Funzionario Tecnico del Comune di Cariati

Artigianato, la storia dei vuculari cariatesi

1 minuti di lettura
L’ arte vasaia è un’ attività artigianale tipica di Cariati dalle origini antichissime, oggi quasi estinta. I vasai avevano le loro piccole botteghe artigiane concentrate in un rione chiamato i “Vucalari” nome derivato dal “vucalu” ,un recipiente di terracotta con manico e beccuccio, usato per contenere acqua. La bottega del vasaio era molto misera (gli unici attrezzi di laboratorio erano il tornio e un bancone). La lavorazione antica era a gestione familiare: le donne raccoglievano le fascine e badavano all’ essiccazione, i più piccoli preparavano la creta e gli uomini si occupavano del tornio. La creta veniva impastata con molta acqua dai giovani e dai bambini che, per ore e ore, dovevano infatti calpestarla con i piedi e renderla plasmabile. La creta veniva poi foggiata col tornio, costituito da due piani di forma circolare collegati da un asse verticale. Il tornio, azionato col piede sinistro del vucalaru, si metteva in movimento e, grazie alle mani esperte del vasaio, dava forma a quei vucali che stupiscono per la loro perfezione. Il maestro, per rigare i vasi, utilizzava qualche pezzo di pettine rotto, per togliere il vaso dalla ruota si serviva di un filo. I prodotti venivano esposti al sole ad asciugare e poi cotti nella fornace per circa 6 ore a 900 gradi. L’ apprendista impiegava parecchi anni prima di diventare “mastru vucalaru”,cominciava con lavori semplici come “ i rasticeddi” (piccoli vasi per le piante) e man mano arrivava a quelli più complessi. Oggi questa attività è quasi completamente scomparsa, ma nel passato gli oggetti costruiti dai nostri vucalari erano conosciuti e apprezzati in tutto il Meridione.
ARTIGIANATO, GLI OGGETTI PIU' ANTICHI
La produzione artigianale è stata sostituita da quella industriale; nel rione Vucalari, dove una volta c’ erano casupole utilizzate per lavorare la creta e per fornaci, oggi ci sono costruzioni nuove. I pochi maestri vucalari presenti a Cariati non lavorano più artigianalmente, né ci sono apprendisti giovani disposti a conoscere e tramandare l’ arte vasaia. Gli oggetti dell’ antica tradizione vasaia, più noti, sono:
  • I vucali: boccali di terracotta destinati a contenere l’ acqua da bere.
  • A ciarra: giara usata per la conservazione delle olive sotto sale o per contenere l’ olio.
  • A limma: larga scodella dall’interno smaltato.
  • A rasta: vaso per le piante.
  • A gummula: piccolo orcio per l’ acqua.
  • A rasta p’ira liscia: grande recipiente dentro cui veniva fatto il bucato rudimentale ( cenere e acqua calda).
 
  • A lincedda: recipiente panciuto a collo largo, pieno d’ acqua attinta alla fontana.
  • U tarzarulu: contenitore per provviste varie sotto sale.
  • A tianedda: tegame usato per preparare il sugo o i secondi piatti.
  • A pignata: pentola generalmente usata per cuocere i legumi, sfruttando il calore del focolare.
Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

Ecodellojonio.it è un giornale on-line calabrese con sede a Corigliano-Rossano (Cs) appartenente al Gruppo editoriale Jonico e diretto da Marco Lefosse. La testata trova la sua genesi nel 2014 e nasce come settimanale free press. Negli anni a seguire muta spirito e carattere. L’Eco diventa più dinamico, si attesta come web journal, rimanendo ad oggi il punto di riferimento per le notizie della Sibaritide-Pollino.