di SAMANTHA TARANTINO Ad
Acri, da ormai 8 anni il premio letterario dedicato alla figura di
Vincenzo Padula, il luminare e medico di origini acritane, regala giorni in cui la cultura si sente nell’aria, si respira. L’VIII Edizione del Premio si è conclusa nel suggestivo scenario di
Palazzo San Severino - Falcone, facendo trascorrere giornate che rendono orgogliosi di esserci stati. Armonie letterarie, sensibilità e perché no anche qualche risata. Un territorio ferito e deturpato da logiche spesso assurde, può rivivere attraverso l’arte, la letteratura, le scienze, il cinema, di quella cultura che non deve rimanere solo per pochi, ma deve uscire, camminare e infondersi tra le teste. Esempi del genere andrebbero estesi in tutta la
Sibaritide. È inutile dire che
Rossano, Corigliano, le due città più grandi potrebbero diventare dei poli attrattivi da cui far partire, ad esempio, un premio letterario che faccia tappa in ogni cittadina, che promuova ognuna uno scrittore del luogo, magari un giovane appassionato di letteratura. Un festival della scrittura che colleghi la Sibaritide in un corridoio di colori, sapori e di parole sane. E così si potrebbero gustare le nostre prelibatezze sorseggiando del buon succo di clementine, sfogliando il libro del nostro scrittore preferito o scoprire che un nostro concittadino scrive cose interessanti. Le giornate di Acri sono state formative per tutti, in primis per quei ragazzi che si sono sentiti coinvolgere diventando essi stessi giudici di opere letterarie di autori molto noti. Lo spirito della fondazione Vincenzo Padula oltre a quello di diffondere il pensiero e le opere dello stesso, quest’anno si è particolarmente distinta per aver promosso la storia e l’archeologia locale con un’esposizione all’interno delle stanze del palazzo, dei reperti recuperati nell’area del territorio, che dimostrano l’esistenza della città di Pandosia, l’Acri dei tempi che furono. Uno zoom sulle tradizioni e su quelle radici che sono risorsa e identità. Un Premio letterario nazionale riservato alla narrativa, alla saggistica, al giornalismo ed al cinema che nel corso di questi anni ha visto la partecipazione di note personalità. Alla serata finale, nel parterre dei premiati erano presenti il maestro del cinema
Ettore Scola, lo scrittore metaforico
Daniel Pennac, il musicista
Vinicio Capossela, per il giornalismo
Gianni Riotta, per narrazioni e scritture del nostro tempo
Vito Teti, per la saggistica
Umberto Ambrosoli e per la narrativa
Maurizio Torchio. Ognuno di loro ha regalato ai presenti, ai giovani provenienti da molte scuole di tutta la Sibaritide che li hanno ascoltati e che con le loro recensioni hanno espresso le loro motivazioni sui premi e soprattutto alla nostra Regione, parole speranzose e di condivisione. E come non restare colpiti dalle parole di Umberto Ambrosoli, figlio di quel Giorgio assassinato nei tormentati anni ’70, che attraverso la sua opera “Coraggio” e l’esempio di vita del padre, ha messo l’accento sul coraggio della verità e dell’informazione. Un coraggio che nella nostra terra è necessario. E Daniel Pennac, lo scrittore francese di romanzi per adulti e bambini ci ha dato ancora più fiducia con le sue esortazioni a diffondere la cultura che non va tenuta per sé, ma va condivisa. E l’antropologo Vito Teti, ordinario all’Unical, ha riportato il discorso sul valore dell’accoglienza che deve partire proprio da una terra come la nostra che è segnata dall’erranza, oltre a ricordare le parole di Pasolini ai calabresi “ Finitela di fare gli struzzi, capiteli i vostri mali”. Ed uno spaccato della dura vita in carcere quello descritto da Maurizio Torchio con il suo “Cattivi” che premiato dai giovani ci ha tenuto fortemente ad essere su quel palco, per dare fiducia ai nostri ragazzi. E ancora risuonano in testa gli elogi del maestro Scola sulle donne calabresi “Quanto siete belle, vi basta uno sguardo per comunicare”. E se lo dice lui, è sicuro così e non può fare altro che piacere.