DI SAMANTHA TARANTINO Che Cristo si fosse fermato ad Eboli già era noto a tutti. Un concetto mutuato dal libro di Carlo Levi e sempre tristemente attuale, che ormai si estende a tutto ciò che riguarda la Calabria e la sua esclusione ‒ anzi, sarebbe meglio dire
non inclusione ‒ da ogni cosa. Ebbene, su un totale di
1.244 case cantoniere possedute dall’Anas sparse in lungo e in largo nello stivale, sono
pronte ad essere dismesse e rivivere una nuova vita
ben 679 case cantoniere (che corrispondono a 1.036 alloggi) e 836 magazzini, coinvolti in un progetto pilota che vedrà una riqualificazione delle stesse.
L’Anas possiede in Calabria 64 case cantoniere e
nessuna, al momento, di quelle inutilizzate sembrerebbe far parte dell’accordo siglato in collaborazione tra Anas, Mibact, Mit, Agenzia del demanio. Accordo che «
definisce le linee guida per una riqualificazione delle case, con una serie di servizi base, in cui ristorazione e accoglienza sarebbero primari con prodotti enogastronomici e artigianali». E scorrendo le pagine dell’interessante progetto, che effettivamente ridarebbe alle case cantoniere valore e aspetto nuovi, incentivando l’utilizzazione ricettiva, tipo bed and breakfast e soluzioni di lusso, si nota come l’intento sia quello di valorizzare le case cantoniere poste lungo le tre principali arterie storiche italiane: alta Lombardia (via Francigena del Nord), la via Francigena del centro (il Cammino di Francesco, la Verna-Assisi) e l’antico tracciato della Via Appia (Campania, Puglia, Matera). Si legge anche che la stessa Anas ha stimato che il 20% degli edifici che verranno ceduti sono
collocati in posizioni di alta appetibilità e immediata valorizzazione. Già! Basterebbe farsi un giretto
nel nostro territorio per notare come, anche dalle nostre parti,
moltissime case cantoniere sono situate in luoghi di interesse ambientale e culturale, sia in zone marine che in quelle montane. Le vediamo maestose ai margini delle strade dipinte con quell’inconfondibile colore rosso pompeiano e con l’indicazione del km e della strada statale di riferimento. Volute per regio decreto del
13 aprile del 1830 dal re di Sardegna, Carlo Felice, in alcuni casi venivano costruite al confine fra due cantoni e ospitavano le due famiglie dei cantonieri. Oggi sono per lo più dismesse, anche perché il cantoniere opera con mezzi più moderni. Assisteremo sempre più, con la conversione in legge del decreto
Art Bonus, ad una ondata di beni demaniali, fari e stazioni, ceduti e messi in vendita a chi voglia farsene carico. «Le case cantoniere diventeranno un
brand italiano riconosciuto in tutto il mondo», queste le parole del Ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo,
Dario Franceschini, che ha aggiunto di aver dato indicazione alle Soprintendenze di tutelare il loro colore rosso e il chilometro indicato sulla facciata principale «perché è così che diventeranno un brand… promuovendo le identità locali, le eccellenze e la qualità». E perché
non provare a fare una rete delle case cantoniere dismesse della Sibaritide e magari impiegare molti di quei giovani di cui parla Franceschini? Non sarebbe forse un
brand altrettanto importante che rappresenterebbe l’Italia?