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Verba Volant - La pizza del re

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C'è un senso di appartenenza tutto italiano nella cucina, che ci identifica nel mondo e che è il cardine di un senso di orgoglio e di consapevolezza di un popolo. Un piatto non è più semplicemente un insieme di ingredienti, o un mix di metodi di cottura, è una storia in cui riconoscersi. 

Parte tutto da qui: con pochi e semplici alimenti, si può creare qualcosa di meraviglioso, a patto che si rispettino una serie di passaggi, che sono il sinonimo della cura e dell'attenzione. Nella pizza, per esempio, il cuore sta nell'impasto: che dosi si usano, quanto tempo riposa, in che ordine si aggiungono gli elementi. Come se fosse un esperimento chimico insomma, perchè alla fine è anche un po' questo, ma con più sentimento. Gli elementi reagiscono tra loro e creano legami ed unioni. Così entra in gioco la leggerezza, la delicatezza, la presa in carico della crescita, l'attenzione al dettaglio. La pizza diventa un elemento di unione, un sapere da tramandare, segreti da custodire. Come si fa in famiglia. 

Per questo poi ci si innamora, perchè quando la pizza è buona, vale il principio dell'iceberg che Hemingway usava per la scrittura: quello che si vede è solo la punta, ma tutto ciò che non si vede, e si può intuire, è quello che rende la storia solida. Così nella pizza vale lo stesso principio: non ci sono semplicemente le mani del pizzaiolo che stendono l'impasto, che girano in forno la pizza per cuocerne ogni lato, ma è soprattutto quello che di solito non si vede che fa la differenza. 

Anche per questo la pizza napoletana è stata riconosciuta dall'UNESCO come capolavoro culinario tale da essere inserita nel 2017 nella lista dei Patrimoni Mondiali dell'Umanità. E' stata così valorizzata come valore culturale degno di tutela e di un Disciplinare Internazionale che ne certifichi l'origine e l'unicità.

Mi domando allora: deve esistere una pizza per ricchi e una per poveri? Siamo davvero capaci di rendere divisivo un elemento di storia culturale che da sempre ha unito le persone? 

In realtà questa è più una grande trovata di marketing  per piazzarsi davanti ad una telecamera e far parlare di sè, strategia che Briatore cavalca da anni. La realtà però è che assemblare ingredienti di lusso, solo per costruire un piatto partendo dalla calcolatrice, racconta l'idea di imprenditoria centrata solo sul profitto e mai sul valore e racconta anche di un target che ha l'esigenza di dimostrare ricchezza.

Le aziende che poi davvero restano nel tessuto del Paese, sono quelle che portano valore, storie da raccontare, innovazioni che migliorano le cose esistenti o che uniscono le persone sotto un unico grande senso di orgoglio. Essere divisivi non è una colpa, ma trasformare qualcosa che unisce in quacosa che divide, lo è. 

Andrea Costantino Levote
Autore: Andrea Costantino Levote

Andrea Costantino Levote nasce come giornalista sportivo. Frequenta il corso di Reporting alla Scuola Holden, ma si imbuca anche alle lezioni di Cinema e di digital marketing. Vince il Premio Phoebe di Scuola Holden con il teaser Democracia. Racconta i ritratti dei giornalisti sportivi che lo hanno ispirato nel podcast "I Cantastorie", all'interno del programma Eutropia su Spotify. Diventa CEO di Jugaad Produzioni e con il cortometraggio FAME vince diversi premi internazionali, oltre a una menzione speciale al festival Ermanno Olmi. Oggi è CEO e founder di DIEZ- CREATIVE AGENCY, agenzia di comunicazione con la quale racconta il talento, occupandosi del digital marketing di start-up e di imprese.