Il fiume Lao, il giro dell’acqua e altre storie
Un viaggio attraverso i luoghi e le storie lungo la via d’acqua, dove si affacciano le comunità che da essa hanno attinto risorse
LAINO BORGO - Nubi, ancora pesanti di pioggia, si attardano sui lineamenti dolci delle montagne, e piccole gocce si siedono appena sulla vegetazione, prima di perdersi. Sono trasparenti, leggere, quasi invisibili. Il loro cammino è appena iniziato, e il ciclo dell’acqua si rimette in moto con la pazienza di chi conosce l’eternità. Acqua, sembra niente. Eppure è tutto. È un viaggio senza fine, fatto di andate e ritorni, di nascita e trasformazione.
Come fosse ‘grande madre’, il Pollino la accoglie in sé. Dalla Serra del Prete, l’acqua segue sentieri segreti, invisibili, come i racconti tramandati a voce, fino a risalire alla sorgente di Vigianello, in territorio lucano. Un giro dentro la terra, che si perde chissà dove. Il Parco Nazionale del Pollino, l’area protetta più grande d’Italia tra Basilicata e Calabria, custodisce questo miracolo e ne fa sentire il respiro ancora intatto.
Vigianello è uno di quei borghi che parlano sottovoce, dove l’esistenza è scandita dai rumori ovattati della natura che la circonda. Il fiume Mercure, ha qui la sua sorgente. Dalla roccia si tuffa in una vasca limpida, tra enormi foglie di farfaraccio, prima di fare il grande salto. Come piccoli e ribelli fuochi d’artificio, mille e mille gocce vanno giù per iniziare una lunga corsa. Acqua, sembra niente, diventa un fiume che sembra uguale e non lo è mai, trovando spazio in un paesaggio primitivo. L’ingresso nel territorio calabrese dà al corso un altro nome: da Mercure diventa Lao. E cambia pure carattere. Per un lungo tratto, infatti, si incanala impetuoso tra poderose e alte pareti di roccia calcarea, a volte vicinissime a formare paurosi corridoi, ma di bellezza senza pari.
Lungo la via d’acqua, si affacciano le comunità che da essa hanno attinto risorse. Il vecchio borgo di Laino Castello è una prima scoperta. Spesso, l’umidità che risale dalla valle, gioca a nascondere e svelare la chiesa di San Teodoro, la torre medievale e i tetti delle case rimaste vuote. È un luogo che parla di partenze improvvise, di fughe da alluvioni e da terremoti. E silenzio. Rimasto disabitato dopo il sisma del 1982, la comunità si è stabilita nella parte bassa e pianeggiante, in quella che chiamano Laino Castello nuovo. C’è però in atto una graduale attività di recupero grazie alla nascita di un albergo diffuso. E poi è dal 2000 che, ogni anno, si tiene un bellissimo Presepe vivente che coinvolge i cittadini e attira moltissime persone ad assistervi. Laino Castello vive anche delle attività turistiche legate al fiume Lao.
Il rumore dell’acqua è familiare anche tra le case di Laino Borgo, il piccolo centro che vive pure delle opportunità che il fiume dà, e di tradizione popolare e religiosa. Ogni anno in tanti raggiungono il paese per la festa della Madonna dello Spasimo. Donne e uomini anticipano la statua, in fila. Sulla testa i cinti votivi, piccole architetture di ceri, nastri e coloratissimi fiori, pegni di riconoscenza o richiesta di grazia. Dalla chiesa che è al centro del paese, la processione giunge all’antico Santuario delle Cappelle accompagnata da grancasse, rullanti e i fiati della banda. Suoni che però, lungo la strada, si incrociano con quelli dei suonatori di zampogna e ciaramelle, legandosi al timbro istintivo della cultura pastorale.
Nell’area archeologica di San Gada che presto diventerà un Parco dedicato, sempre a Laino Borgo, è stata svelata la presenza di un insediamento antico esteso circa 50 ettari, sconosciuto fino al 2019 alla ricerca scientifica. Tra le scoperte più recenti c’è un luogo di culto dedicato a una divinità femminile, quasi certamente Artemide. Si tratta di un centro urbano lucano, risalente tra la metà del IV e la seconda metà del III sec. a.C. Le sue grandi dimensioni e la presenza di tanti materiali e strutture che continuano a emergere con gli scavi, rendono questo sito il più importante insediamento abitativo della valle del Lao-Mercure.
Laino Borgo è anche un luogo perfetto perché rappresenta un primo punto di accesso alle sponde del Lao, l’inizio di un percorso in un vero e proprio parco avventura acquatico. Guide esperte accompagnano i gruppi a praticare kayak e canyoning, ma soprattutto rafting. Passaggi difficili – tra gole altissime e strettoie dove il flusso diventa impetuoso – si alternano ad aperture tranquille, dove la sosta in una piccola giungla permette di tuffarsi sotto il velo leggero e freddo delle cascate. Un paesaggio fatato che sembra abitato da ninfe invisibili. Riflessi di luce e colori mutano in base al tempo. Rivoli tra i muschi levigano e modellano le rocce in forme mai definitive.
Il Lao non si ferma, e ha ancora molta strada da percorrere prima di raggiungere il mare. Corre accanto a Papasidero, un piccolo paese che conserva l’antico impianto urbano e guarda ai monti dell’Orsomarso da ciò che resta del suo vecchio castello. Una fuga di tetti sui quali spicca la chiesa di San Costantino fin giù al fiume, al santuario della Madonna di Costantinopoli. L’amenità di questi luoghi impreziosisce la piccola architettura religiosa. Al santuario, incastonato nella roccia e a picco sul fiume Lao, si accede attraverso un ponte costruito agli inizi del 1900 sui ruderi del precedente, di epoca medievale, ancora visibile. Tutt’intorno, un sistema di scalinate in pietra si snoda in geometrie vertiginose, come nei disegni di Escher.
Non lontano dalla costa e alla destra del fiume Lao, gli antichi segni di uno dei siti archeologici più interessanti della Calabria settentrionale, la città di Laos – che costituisce il Parco archeologico – Fondata dagli abitanti della colonia dell’antica Sibari, è databile tra la fine del IV e la metà del III secolo a.C. È un insediamento organizzato su una maglia ortogonale che ha restituito un’idea di città abitata da aristocrazia agraria.
Acqua. Sembra niente. Il suo lento giro si compie e ricomincia in mare. Appare quieta e non lo è mai. Il Lao, lungo il viaggio, cambia spesso umore, così cambia la sua foce. Fonde la ghiaia con la sabbia, disegnando strade lineari. Trasparente e leggero corre verso lo spazio aperto. La spuma bianca del mare contrasta, e poi accoglie, la linfa dolce del fiume che da millenni, come un filo invisibile, continua a tessere la trama che lega la vita degli uomini e della natura.
Di Daniela Malatacca da meravigliedicalabria.it