Casa di Reclusione Co-Ro, Olivo palude alle iniziative di formazione del Polo Universitario Penitenziario
L'assessore ha espresso soddisfazione per la quantità e per la qualità di iniziative finalizzate alla funzione pedagogica e di reinserimento sociale della pena che da sempre caratterizzano e distinguono il penitanziario rossanese
CORIGLIANO-ROSSANO - In occasione della cerimonia di inaugurazione dell’Anno Accademico del Polo universitario penitenziario, svoltasi nei giorni scorsi alla presenza, tra gli altri, di Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso nella strage di Via D’Amelio, l’assessore provinciale Adele Olivo ha espresso soddisfazione per la quantità e per la qualità di iniziative finalizzate alla funzione pedagogica e di reinserimento sociale della pena che da sempre caratterizzano e distinguono la Casa di Reclusione di Corigliano-Rossano.
«La preziosa finestra – afferma - offerta sull’avvio e sulla continuazione di una propria carriera di formazione personale, incluse tutte le altre parallele possibilità di formazione come i corsi Yes I Start Up Calabria di sensibilizzazione alla creazione di nuove imprese, si conferma strada maestra per creare nel reo delle motivazioni che lo inducano a tenere comportamenti corretti ed avviarlo a un percorso che crei in lui responsabilità e consapevolezza di quali sono le conseguenze delle azioni che pone in essere. Un preziosissimo valore aggiunto – chiarisce – ribadito ed unanimemente apprezzato nel corso della bella cerimonia di inaugurazione».
«Anche a nome della Presidente della Provincia di Cosenza Rosaria Succurro – continua l’assessore – rinnovo i complimenti alla direttrice Maria Luisa Mendicino ringraziando attraverso di lei quanti in tutte le case di reclusione come quella di contrada Ciminata Greco, si rendono ogni giorno protagonisti di piccole e spesso silenziose rivoluzioni culturali ed esistenziali».
«Questo nostro riconoscimento dall’esterno – sottolinea – vale e deve esserci sempre, per tutte le diverse e continue attività che quotidianamente, nel perimetro obbligato di queste strutture necessarie per la giustizia, la sicurezza, la legalità e la serenità sociale, comunque portano e stimolano confronto, crescita, superamento e riconquista progressiva della propria dignità e della propria libertà».
«Ed è esattamente con questo metodo e con questa prospettiva – va avanti rivolgendosi a tutti gli operatori della struttura penitenziaria – che viene confermata da tutti voi una missione irrinunciabile: quella di voler e saper essere costruttori di vera giustizia sociale e promotori della dignità dell’uomo, alla quale in alcun modo e per nessun motivo si può derogare. Per questo – conferma – siamo spiritualmente fianco di quanti a vario titolo sono impegnati dentro e fuori le strutture verso l’unico obiettivo, sancito dall’Articolo 27 della nostra Costituzione, della rieducazione che è sempre sociale e che in concreto significa possibilità di reinserimento, relazione con la collettività e con l’esterno. Lo ha ribadito di recente anche la Corte Costituzionale, definendolo un dovere istituzionale: quello ovvero di accompagnare il cambiamento culturale all’interno del carcere, facendo sì che quel residuo di libertà che resta all’interno delle mura sia esaltato nella sua massima potenzialità, perché è quel residuo di libertà – conclude la Olivo – che permette di capire se una volta fuori il detenuto sia realmente in grado di costruire e gestire una libertà definitiva».