Con-fusione e minaccia identitaria, il comitato anti-fusionista che non convince
Si è riunito, giovedì 22 dicembre, il Cra “Comitato Ritorno Autonomia”. Alcune considerazioni rispetto ai temi trattati e alle argomentazioni proposte dal gruppo di promotori
CORIGLIANO-ROSSANO – Un freddo pomeriggio di dicembre, una sala che conta circa una ventina di persone (età media 65 anni) e un gruppo di cittadini che chiede l’autonomia dei Comuni di Corigliano e Rossano. Questi gli elementi di contorno alla prima riunione illustrativa ed organizzativa per la raccolta firme per la proposta di legge di iniziativa popolare.
L’intervento iniziale si apre rendendo subito chiari gli intenti «Corigliano e Rossano sono paesi vicini e gemelli ma devono restare tali perché la loro storia parla chiaro: due comuni differenti, con identità differenti, una lingua differente, una storia differente» e fin qui nulla di nuovo, a parte una punta di sciovinismo paesano.
Le premesse erano prevedibili, coerenti con quanto annunciato nelle ultime settimane: la volontà di scindere i due comuni. Il problema, però, non sono le intenzioni ma le tesi a sostegno della causa. Ciò che ci si aspetta, in questi casi, è una serie di evidenze e di prove che facciano capire ai cittadini quanti vantaggi e quante cose positive si potrebbero riottenere con il ritorno alle due municipalità distinte. Nulla di tutto questo.
Una delle prime battute è riservata alle questioni legali: «Vogliamo rassicurare quanti pensano che le firme siano apposte su fogli bianchi, la realtà è ben diversa. Ogni foglio riporta la proposta di legge che abbiamo depositato in regione con i 17 articoli. Il tutto autenticato dall’avvocato incaricato».
Il punto però non è l’iter legislativo, ma le motivazioni di fondo e le contraddizioni che emergono. Se si mette sotto accusa il fallimento di questi 5 anni di fusione (è quanto sostengono i promotori), significa che ad essere valutata è proprio la gestione e l’amministrazione del governo cittadino. Ma il comitato ci tiene a ribadirlo «Noi non siamo assolutamente contro l’attuale amministrazione, non stiamo valutando ciò che di buono o di sbagliato è stato fatto. Noi non crediamo nella fusione amministrativa e identitaria dei due comuni» per poi dire, che «siamo arrivati a questo punto per via di una giunta sgangherata, un’opposizione inesistente e una gestione clientelare della cosa pubblica».
Cortocircuiti argomentativi a parte, ciò che più meraviglia è che i commenti anti-fusionisti si basano perlopiù su convinzioni aprioristiche. Dire «qualunque sindaco ci fosse stato al suo posto avrebbe trovato la nostra opposizione» significa portare avanti un'idea che non tiene conto dei fatti (ma poi ne tiene conto) e che poteva avere senso nel dibattito che portò alla fusione, non oggi.
Parlare della mancanza dello studio di fattibilità, delle questioni contabili mai verificate dei vecchi comuni non ha nulla a che vedere con il malcontento generale che si riscontra nella popolazione. Queste battaglie pro-autonomia e di salvaguardia identitaria potevano contare qualcosa quando ci si preparava al referendum (perché un referendum c’è già stato e i cittadini hanno deciso) del 2017. Adesso non sembrano essere argomentazioni che possano funzionare. Se si vuole chiedere l'autonomia, perché pentiti, bisogna elencarne le ragioni (e non basta dire che i comuni oltre una certa soglia di abitanti non giovano della fusione e che questa corsa ai finanziamenti non serve a nulla ed è solo un modo per fregare lo Stato!).
Poi, far leva sul solo argomento identitario è francamente una mossa debole. Per di più poggia su sentimenti che la fusione non ha scalfito. Il senso di appartenenza, le singole tradizioni e le differenti vicende storiche di Corigliano e Rossano sono elementi che non sono stati cancellati. Una cosa non esclude l'altra (non cadiamo nella fallacia del pensiero doppio!). Con la fusione non muore nessuna identità. Ci è stato insegnato che arroccarsi nel proprio orticello impoverisce e che l'altro, il diverso non è mai stato una minaccia per l'identità di nessuno.
Ciò che è emerso è, in sintesi, un sincero rifiuto verso questa nuova forma cittadina e, checché se ne dica, è una posizione profondamente ideologica perché il discorso ruota quasi esclusivamente sulla "incompatibilità" sociale, culturale e identitaria dei due comuni. Al netto di queste considerazioni, ci chiediamo: tutto qui?