Il legame profondo tra l'Achiropita e il suo popolo che va oltre la fede
Attraverso la toccante testimonianza del custode della Cattadrale di Rossano, Pasquale Caruso, riportiamo un suggestivo viaggio dove il mito e la devozione popolare si uniscono e diventano leggendari
CORIGLIANO-ROSSANO – Un via vai silenzioso di persone che con infinito rispetto, si avvicinano alla statua di argento e oro, creata dai maestri napoletani nel 1741, fondendo i gioielli donati negli anni dai devoti, alla Madonna dell’Achiropita.
Un passaggio che testimonia il legame molto forte tra il popolo e la protettrice della città di Rossano. Testimone da 35 anni di questa profonda devozione è Pasquale Caruso, il custode della Cattedrale di Rossano e memoria storica dell’amore tra la gente e la Madonna, che dal 1987 quasi per caso, si è trovato a svolgere un ruolo che va ben oltre quello che sembra.
Pasquale è lo scrigno della tradizione popolare che lega i rossanesi alla Santissima Achiropita attraverso un profondo sentimento: «Don Angelo Bennardis mi consegnò le chiavi di questo enorme patrimonio che va ben oltre la preziosità architettonica e artistica che la Cattedrale contiene. Si cercava una persona di fiducia e per intercessione della farmacista Rizzo-Corallo, della nobildonna Iacobella Martucci e di mio cugino Gino Molino, mi fu affidata la custodia di questo luogo sacro».
Da quel momento Pasquale ogni giorno ha curato la chiesa e anche i fedeli e pellegrini in visita: «La bellezza dell’attaccamento profondo che la gente nutre nei confronti dell’Achiropita viene trasmesso di generazione in generazione. Non è fede, è molto di più. È trasporto, dialogo materno. Vedo gente che viene qui solo per dire un "ciao" alla Madonna o dirle "mammicè, com sta'!"»
«D’estate - racconta ancora Pasquale - quando si potrebbe andare al mare o in montagna, i fedeli sono qui all’alba per assistere alla prima messa del mattino e durante tutto il mese di agosto c’è un fiume di gente che va e viene, come anni fa un gruppo di pellegrini argentini, pronipoti di rossanesi emigrati in America che hanno tramandato l’amore per la Madonna dell’Achiropita. Giunti sulla soglia della chiesa, in ginocchio hanno attraversato la navata in segno di gratitudine e devozione per essere giunti per la prima volta, nel luogo di cui i loro avi parlavano sempre».
Una testimonianza quella di Pasquale che ha una carica emotiva intensa e mentre racconta, si emoziona: «L’Achiropita appartiene al popolo ed è vicina al popolo. Lei ha scelto di arrivare qui a Rossano 1200 anni fa quando l‘eremita Efrem accolse il principe fuggiasco Maurizio di Costantipoli naufragato con la sua nave sulle coste rossanesi il quale per riconoscenza, costruì il primo edificio sacro che in seguito venne dedicato a colei che durante la fuga gli apparve in sogno, la Madonna Odigitria, Colei che indica la rotta, che scruta nel mistero. La leggenda vuole che Maurizio diede ad Efrem l’anello con il sigillo del suo casato come pegno del suo ritorno e sugello della promessa fatta, quella di costruire un tempio sacro intitolato alla Signora vestita di bianco che gli apparve tra le nubi indicandogli strada».
Ma Maurizio conquistò il trono e si dimenticò di Efrem. L’eremita però non si arrese e si mise in viaggio verso l’impero del giovane naufrago che ritrovò a Costantinopoli. Maurizio mantenne così la parola e finanziò quella che allora era una piccola chiesa bizantina. Forse il tratto più suggestivo della storia arriva quando ogni notte i colori del dipinto realizzato della Madonna si scioglievano, per cui fu dato incarico ad un giovane sordomuto di custodire l’ultimo realizzato. La notte passò e al mattino il giovane miracolosamente parlava e sentiva e nella chiesetta era apparso un dipinto quello che attualmente è conservato nella cattedrale e che raffigura la Donna con il Bambino e che fu chiamata dal popolo Achiropita, non dipinta da mano umana perché non si seppe mai chi realizzò l’opera e soprattutto come fece ad entrare nel tempio appena edificato e chiuso con il giovane custode all’interno.
Una leggenda dal sapore poetico che si tramanda di padre in figlio e che Pasquale ci racconta descrivendoci l’affresco che richiama tanti fedeli: «Ecco perché l’Achiropita è tanto amata dal popolo. Nella raffigurazione che ha del metafisico secondo la leggenda, l’Odigitria ha donato il figlio Benedetto al mondo per unire l’uomo e il divino attraverso la parola. Questo custodisce la tradizione popolare che attraverso un’icona apparsa nel giro di una notte, nella piccola chiesa appena costruita, è entrata nel cuore del popolo che da sempre è protetto dalla benedizione di questa Signora vestita di bianco, apparsa nei momenti più difficili vissuti dai rossanesi e che proprio dai rossanesi è stata chiamata Achiropita».
Ed è lei che magneticamente attrae ancora oggi le preghiere, le fatiche e la sofferenza di tante persone attraverso un’immagine che evoca innumerevoli miracoli. Un’immagine non dipinta da mano umana che è viva nel cuore delle persone.
Una stella polare che conduce anche chi si perde nel mare della vita e riconduce sulla strada della fede. E mentre salutiamo Pasquale, che ci ha regalato parte della sua toccante esperienza, osserviamo l’affresco della Madonna e ci accorgiamo che, alla luce dei racconti che abbiamo ascoltato, esprime una forza che attraversa le più ampie distanze e che nel tempo è rimasta intatta.