Le chiese aperte, i sepolcri e la processione: la settimana santa di Castrovillari raccontata da un antico canto
E' un canto antico che si tramanda di madre in figlia quello sul dolore della Vergine Maria per la morte del suo figlio Gesù: è in queste parole che si racchiude il senso dell'amore, della fede e della Pasqua per la comunità
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CASTROVILLARI - 'U juvidia santo, la Madonna si minti lu manto, si minti a camina', sula sula sinni va...
Inizia così la più bella cantilena sulla settimana santa, tramandata di madre in figlia, che fa avvicinare quasi in punta di piedi per capirne il significato.
È un periodo di profonda contrizione quello pasquale in cui, forse, anche chi non è credente si lascia stupire dai riti così diversi che accompagnano intere comunità in questi giorni intensi. Probabilmente perché il dolore, quello di un tempo di Cristo e della Madonna, è sempre uguale anche ai giorni nostri.
Castrovillari torna finalmente, dopo il Covid, a celebrare i riti della settimana santa, dalle Palme alla Pasqua in un clima di emozioni come ad insegnarci che nonostante tutto anche nella morte si può trovare un senso.
E proprio nel Giovedì Santo, a colorare le chiese cittadine sono i bellissimi sepolcri realizzati nelle settimane precedenti da genitori e nonni insieme ai più piccoli, insegnando loro il valore della pazienza e della cura verso il proprio "piattino in fiore" che abbellirà le suggestive scenografie. Ma qualcuno, questo giovedì, farà anche la lavanda dei piedi ai bambini della città per ripercorrere la notte più significativa della settimana santa e della vita di Cristo.
"Incontra a San Pitru 'nnanti: "addu vai Maria ca chiangi?" "Ca chiangiu cu duluru ch'agghiu persu lu miu Signuru". "Va' alla casa di Pilatu, tu l'ha perso e tu l'ha dato..."
Arriva così il dolore della Vergine nel venerdì santo, quando dall'imponente Chiesa della Santissima Trinità uscirà vestita di un abito nero e sette spade che le trafiggono il cuore. Dalla stessa porta passerà il figlio, in una bara di vetro portata a spalla da chi vuole rendere grazie per il Suo sacrificio nella processione che ripercorre le tante stazioni di sofferenza e umiliazione, di ingiustizia e perdono. Un tragitto lungo che inizia dal centro storico della città quando il cielo è ancora azzurro e termina di nuovo sul sagrato della "Chisia nova" nel buio della sera.
Il sabato santo è il giorno dell'attesa, della veglia, di chi sa che davanti alla morte non può che fermare la ragione perché niente è dato sapere oltre quella soglia. Ciò che la Chiesa insegna, però, è che dopo ogni silenzio vi è una domenica di stupore e di gioia, di quel senso che nel nostro piccolo possiamo dare all'assenza di chi non c'è più e alla presenza di chi resta a contemplarla.
La Messa di Pasqua è così un'altra epifania, quella di chi crede che anche quel corpo chiuso nel pesante sepolcro, sia asceso nei cieli, proprio alla destra di Dio. È lì che speriamo si trovino le persone care, a gioire di una vita nuova che noi non possiamo comprendere con la ragione ma solo sperare con il cuore.
Foto di Gianni De Marco