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Sviluppo, l'assenza ha un valore? Intervista all'archeologa Sabrina Del Piano

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di LENIN MONTESANTO Siamo tagliati fuori dal mondo! E’, questo, il leit motiv che accompagna ed ipoteca le riflessioni su quali strade di sviluppo la Calabria possa incamminarsi. Nella società contemporanea (post)industriale se un certo ambito non possiede infrastrutture quali una capillare rete stradale e ferroviaria, un porticciolo turistico ben attrezzato, un congruo numero di strutture ricettive, un collaudato sistema commerciale, per non parlare di un polo industriale che garantisca solida ricchezza economica, si può dire che quel territorio è tagliato fuori dal mondo. Questa frase esprime chiaramente il concetto per cui se quel luogo è carente di tali requisiti allora non è frequentabile, non è accettabile, è impossibile viverci perché non è in grado di soddisfare i nostri bisogni – sia quelli primari necessari e semplici, che quelli secondari, complessi e variamente indotti. Verrebbe quasi da dire che il nocciolo della questione sta nel riuscire a distinguere i bisogni primari da quelli bisogni secondari, falsi o indotti! Nell’ultimo secolo la società occidentale ha basato sull’industria la sua principale fonte di reddito e sviluppo, abbuffandosi di bisogni secondari stimolata dal modello economico dominante che ha puntato alla crescita e all’accumulo di risorse concentrate in mano a pochi. Indubbiamente le reti energetiche, di telecomunicazione e viarie sono indispensabili alla vita così come la intendiamo nel XXI secolo. Trasporto persone e merci, traffico dati telematici, di telefonia e radiotelevisivi, gas luce e acqua costituiscono i presupposti fondamentali per un tipo di vita civile e moderno. Tuttavia Il problema da porsi è: come queste infrastrutture vengono realizzate e che ricaduta hanno sul territorio? Quali sono le conseguenze dirette e indirette, positive e negative, a breve medio e lungo termine su economia, demografia, salute pubblica, paesaggio, risorse naturali, ecosistema? In sintesi: qual è l’impatto ambientale? Sì. Secondo i dati dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), negli ultimi anni il consumo di suolo in Italia è cresciuto a una media di 8 mq al secondo, passando dal 2,8% del 1956 al 6,9% del 2010, con un picco di quasi 10 mq negli anni '90. A questo va sommato il fenomeno dell’abbandono dei centri storici e di estese aree urbane, mentre le periferie allargandosi richiedono urgentemente infrastrutture (strade, reti energetiche, etc.) che non sempre si riescono a realizzare in tempo con i nuovi edifici. Questa discrepanza ha come conseguenze sia l’esistenza di nuove aree periferiche già degradate dalla carenza di servizi primari, degrado che funge da deterrente all’acquisto o alla locazione; sia un degrado complessivo della città percepita nel suo tessuto come disomogenea e frammentaria, brutta; sia la progressiva riduzione del suolo periurbano e agrario e/o boschivo circostante disponibile. Mi viene in mente Franco Cassano quando invita a non considerare il Sud come un non ancora Nord, relegandolo nella categoria dell’arretratezza, per cui la sua specificità diventa un insieme di patologie, ostacoli ed handicap al raggiungimento di un modello di sviluppo. In certi casi l’assenza diventa un valore. L’assenza di uso del consumo di suolo; di industrie ad elevato impatto su aria acque e suoli e di infrastrutture che compromettono, se progettate e gestite male, la conservazione del patrimonio naturale e antropico che ha resistito per millenni. Queste assenze/valori che rivelano risorse reali, se ben coordinate dalle forze locali e integrate alle potenzialità disponibili, al patrimonio culturale esistente che è radice di ogni civiltà, al capitale umano della comunità, concorrono a rafforzare il senso d’identità e di appartenenza territoriale; il senso d’identità genera consapevolezza – di quel che si è e di quel che si può fare, e la consapevolezza genera coraggio: il coraggio di non abbandonare la propria terra, di non deturparla, di non emigrare; il coraggio di attrarre investimenti in un territorio bellissimo e ricchissimo di assenze ma anche di presenze; il coraggio di credere nelle proprie aspirazioni trasformabili in realtà. Il valore dell’assenza può quindi generare un futuro? Certo. Quello proiettato verso una società profondamente diversa da quella che la civiltà postindustriale si sta velocemente lasciando alle spalle, un futuro possibile.
Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

Ecodellojonio.it è un giornale on-line calabrese con sede a Corigliano-Rossano (Cs) appartenente al Gruppo editoriale Jonico e diretto da Marco Lefosse. La testata trova la sua genesi nel 2014 e nasce come settimanale free press. Negli anni a seguire muta spirito e carattere. L’Eco diventa più dinamico, si attesta come web journal, rimanendo ad oggi il punto di riferimento per le notizie della Sibaritide-Pollino.